Se vi dico Lara Jean e Peter Kavinsky e non vi state chiedendo “ma chi sono?” allora anche voi avete seguito i consigli di Netflix e avete già visto la melensa trilogia che li vede protagonisti: Tutte le volte che ho scritto ti amo, P. S. Ti amo ancora e Tua per sempre.
Se invece volete sapere di cosa sto parlando, la riposta è: di tre teen drama perfetti. Si parte dall’idea dolcissima (quanto banale e assurda) che Lara Jean, la protagonista, abbia scritto letterine d’amore per tutti i ragazzi di cui si è innamorata durante la scuola media. Lettere che erano rimaste non inviate fino a quando sua sorella minore non decide di inviarle di nascosto e da qui l’imbarazzo generalizzato delle reazioni dei destinatari : 5 ragazzi!
Tra le sue precedenti cotte c’è anche Josh, il fidanzato di sua sorella, una storia quindi destinata a non dover nascere ma di cui magari ci si poteva aspettare un risvolto più intrigante, come il coinvolgimento del dolore adolescenziale, la lotta con la famiglia, le liti con la sorella… e invece no, non avviene niente di tutto questo!! Nasce, invece, una semplice e scontatissima finta coppia con uno dei ragazzi ai quali aveva dedicato una lettere: Peter. Così P&L, perfetti per fare ingelosire la ex di lui, sono destinati a diventare una coppia verissima.
Lara Jean è costretta ad affrontare i suoi cinque amati, trovarsi faccia a faccia con la vita, uscire dal mondo cristallizzato che si è creata fatto di amore non dichiarato, lettere, film romantici e vestiti colorati. Ora deve affrontare la realtà e il mondo adolescenziale con tutte le cattiverie che questo nasconde. Va bene, forse ho un poco esagerato!
La realtà di Lara Jean è quasi identica al suo mondo fantastico, le liti durano pochissimo, i grandi drammi sono su argomenti come “mi chiederà di accompagnarlo al ballo?”
I veri problemi di Lara, però, nascono con il secondo film P. S. Ti amo ancora. Lara Jean e Peter sono finalmente fidanzati e iniziano a vivere la loro relazione. La prima prova è il primo appuntamento a cui entrambi tengono molto. Peter cerca di fare buona impressione con un ristorante elegante e Lara Jean di essere all’altezza come fidanzata perfetta (qualcuno le dica che non esiste!). Tutto sembra procedere per il verso giusto, fino a quando Lara Jean non riceve una lettera direttamente dal quinto dei ragazzi a cui si era dichiarata: John Ambrose. Ed ecco che parte l’intrigo (e intanto io mi chiedo: perché tra di loro si chiamano tutti con nome e cognome in questi film?).
Quindi ora in P. S. Ti amo ancora ci aspettiamo il triangolo amoroso (e a questo punto ho perso il conto dei cliché). Così Lara Jean si ritroverà a navigare tra le onde impetuose delle relazioni affettive ai tempi del liceo, l’ombra dei rapporti consolidati, le promesse inespresse di quelli mai approfonditi. Peter amerà ancora Gen? I nostri sentimenti sono reali? Cosa sarebbe successo se John Ambrose avesse ricevuto prima la lettera? (A volte sembra di guardare una puntata di Love Dilemma). Ma la coppia più bella del mondo resiste a tutto e dopo un breve periodo di rottura – infiocchettato da una bellissima Moral of the Story di Ashe come colonna sonora – la coppia tornerà più unita di prima, perché si sa… il vero amore vince su tutto, il bene trionfa sempre e tutte quelle cose che leggete nei Baci Perugina.
Arriviamo così al terzo e ultimo film, Tua per sempre (già il titolo…)
Lara Jean si trova in vacanza con il padre e con le sorelle Katherine e Margot a Seoul, nel paese che diede i natali alla sua defunta madre. Nel frattempo il fidanzato Peter è in visita all’università di Stanford, dove è stato ammesso e che nutre la speranza che la stessa Lara possa frequentare.
Speranza che viene purtroppo disattesa quando Lara Jean, tornata a casa, scopre che la sua richiesta è stata respinta; impaurita dalla possibile delusione del fidanzato decide di nasconderglielo, ma il gioco dura poco. Quando confessa di non essere stata ammessa a Stanford la reazione di Peter è comprensiva. Il fatto che Lara Jean abbia intenzione di iscriversi al vicino ateneo di Berkeley, a soltanto un’ora di distanza, poi, permetterà alla coppia di vedersi spesso (e anche questo dramma è presto superato).
Nel frattempo per festeggiare l’imminente conseguimento del diploma la loro classe ha organizzato un viaggio a New York e la protagonista finisce per innamorarsi pazzamente della Grande Mela, al punto che quando riceve una mail da parte della prestigiosa università locale si convince che sia quella la scelta più giusta per lei. L’unico problema è che in quest’occasione i chilometri che la separerebbero da Peter sono oltre 5.000, cosa che di fatto limiterebbe i loro incontri per gli anni a venire.
Ancora una volta i nostri due eroi devono mettere alla prova il loro grande amore: il succo del film ruota infatti su cosa si sia disposti a sacrificare per la persona amata e quindi ci dobbiamo subire frasi del tipo «È più interessante vedere due persone innamorarsi che cercare di tenere viva una relazione», «Il college mette alla prova le coppie nate al liceo», «Crescere è dura». E così via, con il mood zuccheroso di abbracci, bacetti, messaggini teneri, letterine (che vanno benissimo fino a un certo punto, poi si esagera), con un romanticismo che ormai sembra fuori tempo massimo. Ma il picco della melensaggine lo raggiungiamo con lei che finalmente sembra propensa a rompere gli indugi e lui che si ferma e dice: «Qualcosa non va». Se’, vabbè, ciaone!! Va bene, è un film tratto da un romanzo, ma questi sono gli unici adolescenti al mondo che pur essendo fidanzati non pensano a quello!?!
Non sto qui a raccontarvi come si conclude la storia perché fondamentalmente la trama gira su se stessa sin dal primo film: fingendo di sottoporre i protagonisti di fronte a grandi bivi esistenziali quando in realtà, davanti a ogni inghippo, la soluzione è ogni volta facilissima e rapidissima.
Vi sentirete vecchissimi guardando questi film: la cover di Wannabe delle Spice Girls e Wonderwall originale degli Oasis vengono usate come riferimenti lontanissimi, ma superato questo shock le gentili donzelle che a 30 anni magari si ritrovano a guardare questa trilogia non potranno fare a meno di paragonarla alla nostra eroina Bridget Jones.
La storia di Bridget è nota a tutti: una single sopra i trenta perennemente in lotta con la bilancia e alla ricerca del grande amore. Vive a Londra e trascorre le sue giornate tra il lavoro in una casa editrice che nel corso degli anni diventerà una redazione televisiva; le amiche, il fumo e i buoni propositi. Fino a quando non si ritrova a dover scegliere tra due uomini: Daniel Cleaver, il suo arrogante boss, e Mark Darcy, un timido, orgoglioso amico d’infanzia. Questo almeno per i primi episodi. Nel terzo, Bridget Jones’s Baby, si trova incinta e divisa tra Mark Darcy e Jack Qwant, un miliardario inventore di un sito di incontri.
Bridget mangia troppo, fuma troppo, beve troppo e appunta sul suo diario in maniera ossessivo compulsiva e con una buona dose di sarcasmo e ironia (che contraddistingue noi zitelle trentenni) ogni suo eccesso, successo, sconfitta o semplicemente pensieri… di qualsiasi tipo, anche d’amore. Bridget è incredibilmente pasticciona, casinista, ma è una donna che crede ancora nell’amore, nella possibilità che lei possa finalmente innamorarsi e un uomo possa dedicarsi a lei.
Nella ricerca di questo amore possiamo dire che è aiutata – o forse meglio sabotata – dalla presenza di una madre che cerca di rifilare alla figlia qualsiasi fighettino con maglioncino a rombi, solo per non farla restare zitella (sì, il comportamento delle madri è sempre lo stesso dai tempi di Jane Austen e Orgoglio e pregiudizio).
Tutta questa presentazione per dirvi che, nel corso della trilogia, Bridget matura, pur non smettendo mai di essere ironica e autoironica, pur facendo continuamente errori in pubblico e in privato, pur andandosi a cacciare sempre nelle situazioni più imbarazzanti. Bridget cresce e spinge noi che la seguiamo a ridere con lei di quello che le accade, perché appare così umana, naturale che Bridget potrei essere io (e lo sono quasi sicuramente ) come chiunque di voi.
Questa donna così forte e debole allo stesso tempo, così vicina a me nel suo modo di pensare e, spesso, anche di comportarsi, questa donna che rispecchia perfettamente la nostra società, o meglio il ruolo di una donna in questa società in cui se non si appare vincente da subito si è destinati ad una vita in salita, dove ogni vittoria deve essere conquistata a suon di sconfitte.
Tante volte mi sono sentita come lei, e tante volte ancora alla domanda “come ti descriveresti?” io rispondo “beh, hai presente Bridget Jones? Una ragazza inadeguata che si sforza per raggiungere un obiettivo prefissato: da smettere di fumare o far carriera nel mondo del lavoro a trovare un uomo decente che diventi il compagno di una vita, e che alla fine non vede mai ripagati i propri sforzi? Ecco, quella sono io!” Troppe volte ho provato quella sensazione di inadeguatezza e imbarazzo che negli anni ho accolto, coccolato e rinforzato facendola diventare autocritica e ironia.
È facile che guardando la trilogia di Bridget Jones molte donne si possano ritrovare nella protagonista, a ridere e piangere con lei, perché tutte, almeno una volta nella vita, si sono guardate allo specchio e si sono sentite grasse e insicure. Perché tutte stiamo lì ad aspettare il nostro Mark Darcy, ma prima di trovarlo ci siamo fatte ferire (a volte a ripetizione ) dal Daniel Clever di turno.
Ecco perché credo che la trilogia di Lara Jean non abbia la forza di renderla un personaggio iconico, rappresentativo di una generazione. Resta una ragazzina che vive in un mondo infiocchettato e pieno di colori, musica, film e poche, quasi nulle, delusioni. Cosa dovrebbe mostrare alle nostre giovani donne? Che il mondo è bello, esiste un fidanzato che conoscerete per caso e che vi rispetterà e amerà per sempre, e tutti vissero felici e contenti con tanto amore ?
Beh, amiche mie, non è così!! Consiglio di seguire magari anche (non dico solo) la storia di Bridget, andando al di là della sua apparente leggerezza e goffaggine: perché è il ritratto di una donna contemporanea con i suoi errori è così forte e debole allo stesso tempo, così vicina a me nel suo modo di pensare e, spesso, anche di comportarsi, questa donna che rispecchia perfettamente la nostra società, o meglio il ruolo di una donna in questa società in cui se non si appare vincente da subito si è destinati ad una vita in salita, dove ogni vittoria deve essere conquistata a suon di sconfitte.
Anna Chiara Stellato
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