Al Festival di Venezia si è parlato molto dell’ultimo film di Susanna Nicchiarelli, Miss Marx, e ci sembra giusto allora riscoprire il suo film d’esordio, risalente al 2009 e pure quello presentato a Venezia. Vinse la sezione Controcampo e fu accolto molto bene dalla critica, ma non ricevette una grande distribuzione e non ebbe molta fortuna al botteghino. L’anno seguente il film fu giustamente premiato anche con un David di Donatello per il miglior esordio. Nel caso in cui questi due premi non bastassero come garanzia, vediamo insieme perché vale la pena recuperare la visione di questo film.
Cosmonauta sorprende per la vivacità e il coraggio dell’autrice: la Nicchiarelli ne è infatti regista e sceneggiatrice e si ritaglia perfino un ruolo di attrice. La prima sorpresa arriva subito: un cortometraggio esilarante in cui alcuni pupazzetti in plastilina commentano il primo viaggio sulla luna, ad opera di cani e topi comunisti. In realtà il corto era un’opera precedente della regista ed è stato aggiunto al lungometraggio in una seconda fase, ma l’idea funziona.
Poi arrivano gli attori in carne e ossa, con una scena d’apertura di sicuro impatto: una ragazzina rifiuta la prima comunione perché si definisce comunista. Bastano queste premesse per capire i toni dissacranti dell’autrice. Tuttavia lo svolgimento prende strade diverse, alternando la commedia al dramma familiare, la satira alla riflessione.
Al centro di tutto vi è un’adolescente con un hobby particolare, la passione per il comunismo e le missioni spaziali. Siamo all’inizio degli anni Sessanta, in piena guerra fredda, e Luciana è profondamente influenzata delle idee del fratello malato e fa di tutto per contrastare l’insopportabile patrigno. Nel tempo libero frequenta il partito, ma è insofferente alle troppe regole che i compagni vogliono farle rispettare. Riuscirà una ribelle come lei a trovare la sua strada in una società così soffocante?
Lo svolgimento della trama è meno originale e dissacrante di quanto le prime scene suggeriscano, ma il film rimane un’opera coraggiosa, fantasiosa e fuori dagli schemi. Inoltre, il tema della passione politica nei giovanissimi è raccontato in modo garbato, ironico e intelligente: più che l’ideologia è il sentimento che conta.
Ci sono diversi motivi per riscoprire quest’opera prima e in generale la figura di un’autrice audace e ricca di personalità che, in pieno periodo Moccia, racconta un’adolescenza diversa, mossa da passioni politiche vissute come vocazioni (per la protagonista la fede nel partito è veramente cieca), spesso in contrasto con autorità e istituzioni. C’è spazio anche per i batticuori e i primi amori, ma la protagonista non è la ragazzina della porta accanto. Anzi, siamo di fronte a un personaggio difficile, a volte terribile, con il quale non sempre riusciamo a simpatizzare, ma questo forse lo rende ancora più autentico e originale. Un’autenticità fornita anche dalle scene in bianco e nero originali della prima spedizione sulla luna, ammirate con devozione dalla protagonista e da suo fratello.
La sceneggiatura porta la firma non solo di Susanna Nicchiarelli, ma anche della scrittrice Teresa Ciabatti, finalista al Premio Strega nel 2017 con La più amata. Nei due comprimari troviamo poi due volti noti disposti a mettersi in gioco per un’esordiente: Clauda Pandolfi nei panni della madre e Sergio Rubini in quelli del padre. Insomma, un esordio promettente che ci ha fatto conoscere un’autrice come Susanna Nicchiarelli, che non ha deluso coloro che un decennio fa hanno creduto in lei. E oggi, il suo Miss Marx è candidato ai David come miglior film.
Carlo Crotti
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