Generare nell’affollamento. Su Concerto per l’inizio del secolo di Roberto Minardi

Concerto per l’inizio del secolo di Roberto Minardi (2020, Arcipelago Itaca, con un’ottima prefazione di Davide Castiglione) è un libro denso e coraggioso. Denso perché permette al soggetto e alla propria arma poetica di sfidare la realtà al massimo del suo ribollimento e della sua invadenza; coraggioso perché di fronte al magma del mondo cerca di fabbricare un’intelligenza tramite cui comprenderlo e un’etica tramite cui viverlo.

Adoperando un verso solido, lungo e accumulatorio, Minardi ottiene risultati estetici notevolissimi e, senza respingere la dialettica (necessaria) col cinismo, lascia che la poesia guardi in faccia la domanda delle domande: dove siamo, cosa campiamo a fare.

Popolamento

I primi aspetti che colpiscono della poesia di Minardi sono la ricchezza degli scenari e la tendenza dei versi a dilagare, a inseguire orizzonti (di senso e di spazio) che siano abbastanza ampi da comprendere gli scenari stessi. Sono due aspetti che naturalmente interagiscono tra loro, e definiscono l’identità dell’opera: la ripercussione costante dell’impostazione dello sguardo su quella della voce, e viceversa.

La potenza del primo aspetto, infatti, indirizza tanto l’organizzazione del linguaggio quanto la reazione etica/intellettuale (di cui vedremo oltre). Potremo parlare a tutti gli effetti di popolamento, di mondo affollato: come giustamente osservato da diversi recensori (ad esempio Giuseppe Nibali[1] e Alessandro Silva[2]), la presenza degli animali nel Concerto è molto significativa, ed è significativa – aggiungerei – proprio nella sua pluralità. Voglio dire: quello di Minardi non è tanto un confronto con l’animale come extra-umano, quanto semmai un’osservazione dell’“infestazione” del mondo da parte delle specie, che ha certamente valore positivo di ricollocazione orizzontale dell’uomo in uno spazio che lo ospita al pari delle altre creature, ma anche effetto disturbante, per lo stesso uomo, proprio in termini di anti-antropocentrismo.

A proposito di ciò, Castiglione parla di «sostanziale parità e perfino identità di tutti gli esseri e gli elementi» e quindi di «fede per la vita come forza biologica»: sono aspetti indubbiamente centrali – come dimostra il tema ricorrente del figlio – ma ora possiamo sottolineare l’aspetto “pre-morale” di questa operazione, ovvero la semplice enumerazione. La coscienza fondativa del libro riguarda infatti la consapevolezza di occupare una posizione liminare, alla soglia di un passaggio epocale, e perciò già nel riconoscimento della moltitudine sono racchiuse l’accettazione della complessità del mondo e dunque la domanda sul nostro ruolo al suo interno. Così accanto all’affollamento animale (solo in Breve trattato sulla povertà, per fare un esempio, troviamo «vitello», «galline», «insetto», «pupa», «formiche», «avvoltoi») abbiamo quello oggettuale (un «immondezzaio», dice lo stesso autore) e quello umano, articolato nella forma – scrive Castiglione – del «ritratto narrativo» (Frammenti dell’operaioIl debole di JohnIl magazziniere cristiano…).

Disorientamento

È chiaro che una tale – oberante – manifestazione della realtà non può presentarsi come evento rassicurante: l’affollamento della Terra in Minardi è subito anche uno sparpagliamento, che sottrae il nord e disorienta il soggetto. Ne è segno evidente l’uso ripetuto dell’asindeto, nonché a volte l’assenza quasi totale di punteggiatura (in quei casi maggiormente onirici, slogati, che riconosciamo di solito dalle iniziali minuscole): sono strumenti di leggerissimo accostamento, notazioni dell’alea e segnali di indigestione interni a testi che tendono generalmente all’ipertrofia.

La specificità dell’opera è, del resto, quella di tracciare una postura etica di fronte a tale disorientamento; ma prima ancora dell’etica come tema (su cui tornerò nel paragrafo successivo), è la costruzione del macrotesto a fare da esorcismo. L’ingestibilità della materia – animale, cosale, umana – è infatti combattuta con una teoria (estetica) che rintraccia al suo interno una intelligenza: «La poesia di Minardi è feroce, perché va alla ricerca della logica dietro alle innumerevoli connessioni in cui è immersa la vita odierna» (Gerardo Iandoli)[3].

Questa logica, questa teoria non sono altro che il Concerto stesso: a livello sincronico in quanto composizione e accordo di strumenti diversi (scrive Castiglione: «la ricorrenza a distanza di testi da serie omogenee per stile e ispirazione (le Anticipazioni, le Composizioni, i Motivi) scaturiscono un effetto di coesione totale di sottofondo»); a livello diacronico in quanto evento, rituale antropo-poietico e simbolo di presa di coscienza storica – per l’inizio del secolo.

Postura

È in questo spazio, affollato fisicamente e “concertistico” nel senso sopra descritto, che, dunque, Minardi spinge il soggetto ad affrontare nuda e cruda la questione etica, tanto spinosa proprio poiché in dialogo con una realtà (un’epoca) sfuggente ai massimi sistemi interpretativi, facilmente relativistica. Quella che Castiglione chiama – ed è il titolo della prefazione – «epica emancipatoria», imperniata sulla «pietas per il vivente», è un’epica (quindi un titanismo, volendo, un’impresa) proprio perché costantemente sfiorata dal nichilismo, quale soluzione (in apparenza) più facile. Così il libro si apre con un Tema della fine che, oltre ad avere funzione di post quemdiacronico, addita occasioni perse, o nega radicalmente («non saremmo dovuti nascere», «le ere non sarebbero dovute trascorrere»); così Venerdì Santo al lago oggettivizza il soggetto-autore e, in stile Gozzano, nomina un «Minardi Roberto» cosa tra le cose.

È da questa angolazione – lo scontro con un cinismo che sarebbe sostanzialmente, qui, abbandono alla reificazione – che può leggersi l’epica/etica di Minardi; entro, cioè, la comunque forte consapevolezza di una posizione non privilegiata dell’uomo nell’affollamento terrestre, ma non per questo priva di identità e significato. Il tema del figlio (lanciato dall’esergo luziano e vivo in tutto il libro, esplicitamente ad esempio nei vari Motivo per una nuova vita) ha una radice certamente biologica e animale, e collega l’attività umana a quella delle altre creature, alla loro fertilità; ma, in virtù del “concerto” (della storia e della simbolica umane), è anche posto in una dialettica tra fare e non fare (una dialettica, appunto, morale) tipica dell’umano («Considera che storia sono anche i fatti non accaduti»).

Il percorso dell’opera muove così in crescendo (concertistico) verso un afflato spirituale e religioso che si intensifica negli ultimi testi: Litania per la luce illustra l’orizzontalità della benedizione/chimica dell’esistenza (con l’anafora di «Luce su…»); Invocazione di base è un libera nos a maloDedicatoria di sublime importanza, che oppone «lode a…» e «gloria a…» a «morte a…», è il Giudizio universale. Ma sarebbe un errore vedere in questi passaggi una “conversione” tout court, netta e unidirezionale, o un atto del tutto sapienziale; Minardi adotta il lessico e la formula religiosi in modo generalmente in-vocativo, cerca una risposta che dalla nuda enumerazione delle cose non viene, e che il Concerto di quelle si sforza di rivelare. Grazie anche a una sottile componente ironica (concordo con la sottolineatura che ne fanno ad esempio Roberto R. Corsi[4] e Giulio Maffii[5]), funzionale per giunta al momento cinico della dialettica morale, Minardi impedisce all’invocazione di angelicarsi astrattamente, e con la lunga, splendida chiusura Materia per aperture alari incarna l’aspirazione, appunto, nella Materia, chiama il «Cristo Messia» accanto al «bastardino» e alla «nespola ammaccata», fa che la preghiera – come vuole l’etimologia – nasca dal precario. Ottiene, e questo è il suo valore, un concerto grosso delle cose e lo schieramento, forte per quanto questionato, in favore di una «fede nello slancio» che «nessuno abbatterà». 

Antonio Francesco Perozzi


[1]https://www.poesiadelnostrotempo.it/the-endorser-roberto-minardi/?fbclid=IwAR3Tlpcm35PFiMqcpIYQdhCpHZSFPJkIcC-etB2AdcbdXR1yDKgHQUoJqNs

[2]https://www.poesiadelnostrotempo.it/tra-vita-e-morte-dove-batte-il-pugno-chiuso-non-vi-e-niente-sulla-poesia-del-concerto-per-linizio-del-secolo-di-roberto-minardi/?fbclid=IwAR2wbBZvxBqs4l97NCa0yu1Tx9pItE5zu-klmizKPlZBv7GvfvzNfRYtNH0

[3] http://www.strisciarossa.it/la-poesia-di-minardi-svela-i-giochi-nascosti-dietro-ai-luoghi-comuni/?fbclid=IwAR2usvDUKO9GW8Hzt_A0BoVAlZI6HM3QtagaId7oMEyQ__xZT1AZpzBa2wY

[4]https://robertocorsi.wordpress.com/2021/04/29/minardi-concerto/

[5]http://www.atelierpoesia.it/flashes-e-dediche-1-13-concreto-concerto-di-inizio-secolo/

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