Tre studentesse universitarie creano un’app molto particolare che le porterà a scoprire e ri-scoprire il sesso, ma anche sé stesse. Fin qui non vi abbiamo detto niente che non sappiate già, o almeno che non possiate reperire dalla logline di Netflix sulla sua nuova serie Sexify. Quello che forse non sapete è perché questa serie sia molto più ambiziosa e progressista di quanto possa sembrare.
Natalia e Monika sono vicine di stanza al campus e sono quanto di più lontano si possa immaginare. La prima è sessualmente inesperta e apparentemente priva di pulsioni fisiche, quanto la seconda è disinibita e completamente a suo agio col suo corpo, che esibisce a più riprese a beneficio dell’intero campus e degli spettatori. A loro si unisce Paulina, che di Natalia è la migliore amica e quanto a esperienza sessuale viaggia a metà tra le altre due. Le tre ragazze navigano in contesti familiari differenti ed incarnano in nuce tutto lo spettro dell’approccio femminile e giovanile al sesso.
Sulla riluttanza di Natalia ai rapporti coll’altro sesso si avvertono gli echi di una famiglia matriarcale in cui il padre è letteralmente inesistente e la madre mette perennemente in guardia la figlia da qualsivoglia distrazione. Monika, invece, passa un partner all’altro nella speranza di dimenticare il suo ex fidanzato e riuscire a provare nuovamente un orgasmo. Paulina è divisa tra una relazione sessualmente insoddisfacente che tenta invano di ravvivare e gli assilli di un’educazione cattolica che la riporta insistentemente al timore del peccato. Tutt’e tre avranno l’ardire di inventare, sperimentare e testare (anche in prima persona) un programma per ottimizzare l’orgasmo femminile. E qui è evidente fin da subito, anche alle stesse protagoniste, quale sia la contraddizione di una programmatrice come Natalia, che studia un’app sul sesso pur essendo ancora vergine.
Il primo passo è raccogliere testimonianze. Testare l’app su delle volontarie, elaborare un questionario, rispondere a delle domande, una cosa in stile Kinsey insomma. I dati così ottenuti vanno ad alimentare un algoritmo che fornisce tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere. D’altronde, a chi avrebbero mai potuto chiederlo? A un certo punto, Monika si mette a cercare nel web informazioni sull’orgasmo femminile, e indovinate un po’? Non trova niente. Sull’orgasmo maschile c’è praticamente un’intera enciclopedia a volumi, ma il piacere muliebre rimane un mistero. E del resto anche le stesse protagoniste, pur così diverse tra loro, hanno in comune un dato non irrilevante: e cioè l’infelicità sessuale. L’orgasmo per loro è solo un lontano ricordo, un vagheggiamento o addirittura un illustre sconosciuto.
Possiamo dirlo: il vero motore della storia – quello che ci fa andare al prossimo episodio – è sapere come faranno a sviluppare l’app. La ricerca sul campo è così interessante che si perdona pure la nonchalance con cui (non) ci raccontano come sia fatta quest’app. Ogni più piccolo avanzamento ci distrae dal fatto che in realtà la narrazione è davvero poco accurata da un punto di vista scientifico e tecnologico; d’altro canto, viene da pensare che se gli autori avessero immaginato sul serio come si possa sviluppare un’app del genere, forse l’avrebbero brevettata anziché farci una serie tv. Dunque poco importa quale calcolo o procedimento inventerà Natalia, se nel frattempo progetta un dildo fai-da-te con una stampante 3D tra un dialogo e l’altro col poster di Marie Curie.
Già, Marie Curie. La scienziata probabilmente più famosa di ogni tempo, anche lei polacca, come la serie in questione. Sembra quasi d’obbligo che Natalia guardi a lei come punto di riferimento – idealmente s’intende, non soltanto perché ne ha un poster appeso a una parete. C’è un altro filo che lega la due volte premio Nobel a Sexify, ed è una vicenda personale e meno nota della sua vita. Dopo la morte del marito Pierre, Marie Curie ebbe una relazione col fisico Langevin, già sposato e cinque anni più giovane. La vicenda finì sulla stampa e si tramutò in uno scandalo pubblico, che costò alla donna la fama e l’onore, tanto da spingere pure Einstein a scriverle una lettera di conforto. Sembra incredibile, vero? Uno scandalo sessuale in piena regola. Proprio come quello che sfioreranno Natalia, Paulina e Monika all’interno del dormitorio.
È probabile che tre studentesse che incoraggiano all’attività sessuale nelle stanze dell’università sfiderebbero l’ira del rettore anche se vivessero in un’altra parte del mondo. Quello che renderebbe la loro vicenda un tantino più peculiare è proprio il fatto di essere tre donne nella Polonia di oggi. Vale a dire uno dei paesi più conservatori e cattolici, forse il più cattolico in assoluto, qui in Europa. Dove la religione ha ancora un ruolo preminente nella vita politica e culturale e la Chiesa polacca interviene puntualmente nel dibattito pubblico con nette prese di posizione.
In ambito europeo, la Polonia vanta una delle leggi più restrittive in fatto di aborto. Una sentenza della Corte Costituzionale dello scorso anno ha dichiarato illegale la pratica dell’aborto anche nei casi in cui il feto presenti una malformazione grave e permanente. Ne è seguita una lunga ondata di proteste, nota come sciopero delle donne, che si è protratta fino ai primi mesi di quest’anno e ha portato all’arresto di alcuni leader del movimento. È la conseguenza di avere al potere un partito di estrema destra che ha portato persino alla formazione, in Polonia, di alcune zone vietate alla comunità LGBTQ.
È quanto mai sorprendente, pertanto, che una serie come questa abbia visto la luce proprio in Polonia. Non basta la premessa che tre ragazze vogliano lanciarsi in un simile esperimento; le circostanze sociali e culturali da cui Sexify proviene aumentano la posta in gioco. È perciò tanto più insolito che della Polonia, alla fine, non ci sia quasi traccia. Sexify potrebbe essere ambientato in qualunque college americano e nessuno noterebbe la differenza. Persino le aule sembrano le stesse. Il paese di cui conosciamo le proteste tramite i notiziari, dove le donne scendono in piazza a manifestare contro le leggi antiaborto, non pare essere lo stesso in cui ha luogo un expo del sesso che promuove ogni fantasia immaginabile.
Da questo punto di vista, il personaggio più rappresentativo è Paulina. È lei che incarna lo spirito clericale, cattolico e tradizionalista della Polonia. Ogni volta che fantastica su come ravvivare la sua relazione con Mariusz, ogni volta che fa un passo avanti verso il proprio soddisfacimento sessuale, Paulina sente il bisogno di correre da un prete per confessarsi – prete che poi l’ammonisce dal praticare il sesso preconiugale. Paulina è figlia del proprio paese, di una famiglia da cui ha ereditato una cultura religiosa che non contempla i suoi bisogni e di una madre che non sa che cosa farsene dell’appagamento sessuale quando si ha un marito. Come dicevamo, a proposito di Monika che cerca info in rete, del piacere della donna non se ne cura nessuno.
È questo, dunque, il nodo centrale della serie: tre ragazze che indagano sull’algoritmo che conduce all’orgasmo sono tre donne che si riappropriano del proprio corpo. Che dicono che il sesso non è un dovere, ma un piacere. E quel piacere conta, eccome se conta. Natalia, Monika, Paulina provano a riscattare le donne reali da un governo che cerca di limitarne autonomia e libertà d’espressione, dalla procreazione assistita agli studi di genere, dicendo loro che non possono fare quel che vogliono col proprio corpo. Che la prova sia effettivamente riuscita forse è un po’ presto per dirlo. Bisognerebbe aspettare la seconda stagione, per vedere cosa faranno quando metteranno piede fuori dall’università. C’è da sperare che si scontrino con un paese più attuale, più duro, ma che possano avere la meglio. Vogliamo tifare per loro.
Andrea Vitale
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