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America non torna più, riconciliarsi dopo la perdita

«Avrei voluto fare più goal, avrei voluto studiare di più… occupare tutto quello scaffale per intero, anzi costringerti a liberarne un altro. E ora che accumulo impegni su impegni, ora che potrei riempire dieci scaffali con tutti i progetti in cui mi butto in modo ossessivo, non trovo il senso».

America non torna più di Giulio Perrone (Harper Collins Italia) è il racconto autobiografico di un uomo che dopo molti anni riesce a riconciliarsi con la perdita del padre, avvenuta durante la sua giovinezza. Il romanzo non è una rievocazione di quei giorni e degli eventi che hanno caratterizzato e influenzato la vita dell’autore nonché noto editore, ma piuttosto un percorso a ritroso attraverso il ricordo di scene quotidiane, gite in barca e tappe che hanno segnato la sua vita individuale e famigliare; come le discussioni, i contrasti o le parole mancate.

Dopo più di vent’anni, Giulio Perrone riesce a omaggiare la figura paterna per perdonarsi e perdonare, per riconciliarsi e accettare la sua assenza e il ragazzo che è stato di fronte al dolore.

La disapprovazione del padre, i no a frenare le ambizioni

Il rapporto tra padre e figlio che Giulio racconta è fatto di silenzi e disapprovazione. Il padre, Giampiero, prova a imporgli, dopo la laurea in Scienze Politiche, l’Accademia Navale di Livorno, un lavoro sicuro, una pensione garantita. Ma il sogno di Giulio è fare lo scrittore o il giornalista. Frequenta la scuola di Marina per compiacerlo, ma dopo qualche anno capisce che, nonostante la sua voglia di far contento il padre, quella non è la sua strada. Così comincia a lavorare per una piccola radio, uno spazio dove poter parlare di libri, grazie anche all’intervento di noti autori che s’interessano al suo operato e alla sua voglia di fare. Il padre continua a scoraggiarlo, lo scontro diventa l’aspetto costante del loro stare insieme. Tanto simili quanto diversi, tanto ostinati quanto desiderosi entrambi di imporsi ed essere sé stessi. Caratteri che non s’incastrano, intenzioni che non combaciano, due generazioni che si confrontano e si rifiutano.

I racconti bizzarri lontani della giovinezza del padre

Eppure, Giulio è cresciuto con i racconti paterni sulle scorribande avvenute in giovinezza in compagnia di amici con nomi buffi come Godzilla, Karate, America. Che fine ha fatto America? Questo appare fin da subito un tasto doloroso, un argomento che non può essere affrontato. Forse perché il padre si sarebbe dimostrato troppo vulnerabile dinanzi al figlio, lasciandosi vedere per quello che era veramente: un uomo. Agli occhi del giovane Giulio il padre è tutto d’un pezzo, forte e potente, sempre presente, con una mano che, come si dice ancora oggi a Roma, poteva essere ferro o piuma. Perrone padre è un uomo che vuole semplicemente la serenità della sua famiglia e per assicurarsene smuove anche le montagne. Dimentica però che suo figlio è un ragazzo che sa quello che vuole ma che ha paura di buttarsi, che non osa. E nonostante questo, il padre non sembra somigliare al ragazzo che è stato. Una volta raggiunta l’età adulta concentrata sulle responsabilità famigliari, suo padre si è trasformato in uomo maturo, dimenticando la spontaneità e la voglia di leggerezza tipica della giovinezza. America, l’amico che non torna più, con un nome simbolo di libertà e tanti sogni appare come un ricordo sbiadito.

Il peso delle parole non dette di chi rimane sulla soglia a guardare

«Ho paura di quel senso di frustrazione che si prova nel sentirsi amati. Ho paura di quel senso di disperazione che si prova quando non si ha un vero motivo per immaginare almeno di essere felici. Ho paura di quando mi volterò e troverò solamente il vuoto, perché tu non ci sarai più a tendere una mano per sostenermi. Ho paura di quando dovrò essere io a sostenere qualcun altro. Perché non lo so fare e tu lo sai.
Ho paura di non saperlo dire quando servirà, come adesso che me lo porto dentro».

Affrontare una malattia non è mai semplice, ancora di più la consapevolezza di doversi preparare all’assenza di chi si ama e dell’abbandono che viene imposto.

Davanti a questo dolore è difficile trasformare tutto quello che si prova in parole. Sono necessari più di vent’anni e molti tentativi nel riuscire a raccontarlo e lasciare andare. Scriverne non significa liberarsene. Scrivere significa riconciliarsi con tutte quelle parole che avrebbe potuto dire e che non è riuscito a buttare fuori. Il peso delle parole rimaste sospese, specie negli ultimi giorni di vita di suo padre, diventa un tormento difficile da combattere. Un’ossessione che è sempre presente e che alimenta il senso di colpa. Il rimpianto di non essere stato sincero davanti alla vita, all’amore, a lui stesso. Il rimorso per quelle parole a metà pronunciate per errore, si è trasformato prima in una ferita e poi in una cicatrice che ancora oggi brucia. È costante il desiderio di eguagliarlo nella sua personalità forte e decisa, negli obbiettivi raggiunti e in ciò che è stato: un padre presente che è riuscito ad amare e a non tradire.

Crescere, perdonarsi, accettarsi, presupposti dell’età adulta

«A ogni passo avrei sempre cercato quel contradditorio, quel modo di opporre i propri sogni e le proprie passioni a chi non faceva che metterti di fronte alla cruda realtà. Fosse anche per amore».

America non torna più racconta la necessità di un ragazzo di ieri e di un uomo di oggi di far pace con i demoni interiori, colmare le ferite, perdonare per non essere perfetti nel momento giusto. Perché crescere per diventare adulti è anche questo, riconciliarsi con il proprio passato, sapersi accettare, superare gli errori.

Più volte Giulio Perrone sostiene di aver commesso errori ed esserci ricascato di nuovo nel commetterli, ma questo gli ha permesso di affermare la sua personalità senza assecondare le aspettative di chi lo avrebbe voluto con un lavoro sicuro, magari monotono e lontano dalle sue ambizioni.

Crescere è acquisire consapevolezza su chi siamo e da dove arriviamo, consapevoli che certe persone come le emozioni o le belle giornate non torneranno più, proprio come America.

La figura del padre, un’ossessione ricorrente nella letteratura

L’ossessione per la figura paterna, confessa Perrone, è stata sempre presente nella sua vita ed è confluita nella sua attività autoriale. Il rapporto del conflitto padre-figlio è un argomento ricorrente in letteratura poiché richiama il difficile processo di diventare adulti e poi genitori a propria volta. Capolavori come Lettera al padre di Franz Kafka, scritta nel 1919 e mai consegnata al destinatario, o ancora prima nel 1819 il testo contenuto nella raccolta Lettere che Giacomo Leopardi indirizza al padre, oppure Con gli occhi chiusi di Federigo Tozzi pubblicato nel 1919, noto capolavoro della letteratura italiana, o anche Mio padre è stato per me l’assassino, la poesia di Umberto Saba. Anche Italo Svevo nella sua celebre opera La coscienza di Zeno, pubblicato per la prima volta nel 1923 dall’editore Cappelli di Bologna, riporta alla luce il difficile rapporto con la figura paterna, descrivendolo come un vero e proprio antagonista.

Nomi contemporanei, basti pensare al successo di  Karl Ove Knausgård che, con il suo libro La morte del padre (Feltrinelli, 2014), racconta che per molti anni ha provato a scrivere di suo padre senza riuscirci in quanto troppo vicino alla sua vita e quindi non facile da trasformare in un’altra forma, che invece costituisce il presupposto base della letteratura. Come Giulio Perrone, anche Karl Ove Knausgård ribadisce che la scrittura non è quello che ci succede nella quotidianità, il suo normale svolgimento, ma lì, presente in sé stessa.

Molti autori della letteratura italiana e straniera, contemporanea e non contemporanea, hanno espresso il bisogno di riconciliarsi, attraverso la scrittura, con quella parte del proprio passato che li ha accompagnati nel percorso di crescita sia nella vita che davanti alla morte. Rimane un argomento intimo e introspettivo che appartiene non solo alla letteratura ma a tutti noi.

Giusy Laganà

Redazione

Grado Zero è una rivista culturale online, nata dall’incontro di menti giovani. Si occupa di cultura e contemporaneità, con particolare attenzione al mondo della letteratura e del cinema.

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