I luoghi di Montalbano
È meglio il libro oppure il film? È più interessante il romanzo o la sua trasposizione cinematografica?
Quando, da studente universitario, frequentavo le lezioni di semiotica, certe domande avevano vita breve: sono due opere differenti ed è inutile paragonarle considerandole identiche. Non si tratta, infatti, del medesimo contenuto che viene manifestato con due significanti equivalenti: il libro e il film sono due significanti diversi e rimandano a diversi significati. Si assomigliano ma restano profondamente distinti.
A proposito di dualità tra libro e film, mi viene in mente come Andrea Camilleri sia stato perseguitato dalla popolarità della trasposizione televisiva dei romanzi che hanno per protagonista il suo Montalbano. Da baffuto e fumatore, nell’immaginario collettivo il commissario letterario ha dovuto lasciare presto il passo a un Montalbano calvo e con le fattezze dell’attore Luca Zingaretti, che sul set pluridecennale si è acceso sì e no due sigarette per esigenze di copione senza mai accostarle alle labbra.
Il Montalbano letterario e quello televisivo
Ma qual è il vero Montalbano? È lecito sovrapporre tanto facilmente la fiction televisiva con la narrativa?
A un certo punto bisogna riconoscerlo: la genialità di Camilleri è stata quella di giocare su questo doppio binario. Sapendo che i suoi libri vendevano “solo” centinaia di migliaia di copie, mentre il film veniva visto da milioni di telespettatori, ha cominciato a piegare la popolarità del personaggio televisivo per rifletterla a modo suo nei suoi libri. Il Montalbano letterario ha cominciato così a porsi in una condizione dialettica nei riguardi di quello televisivo, ammettendo l’esistenza e la maggiore popolarità del secondo ma sempre rivendicando la propria autenticità. Se questo traspare già in qualche racconto, tale processo raggiunge l’apoteosi nell’ultimo romanzo intitolato Riccardino (Sellerio, 2020), dove il commissario di Vigata puntualizza ripetutamente la priorità ontologica della scrittura rispetto alla versione filmica. È come se il Montalbano originale fosse il mondo vero, e il film solo una copia approssimativa e raffazzonata, da trattare con un misto di commiserazione e diffidenza (ricordiamo che il commissario partorito dalla penna dello scrittore siciliano è allergico al successo e alla popolarità, teme la promozione a vice questore, odia le conferenze stampa e non vuole stare troppo sotto ai riflettori).
Metanarrazione in Montalbano
Citando il film nel proprio romanzo, però, Camilleri ha inevitabilmente innalzato la versione televisiva a tema narrativo, donandole dignità letteraria. In altre parole, ha riconosciuto al film una dimensione prominente attraverso la metanarrazione. Il film entra nel romanzo, il film comincia a esistere anche per il lettore, perfino per quello sprovvisto di televisore.
Insomma, con il suo ultimo romanzo, Camilleri ha accreditato la commistione tra i due media (libro e televisione) e tra i loro contenuti (romanzo e serie televisiva), autorizzando, se non orchestrando, il corto circuito tra Vigata e Ragusa Ibla, tra la casa di Marinella e Punta Secca, tra i ruderi della Mànnara e Sampieri, tra il famoso commissariato presidiato dall’agente Catarella e Scicli, tra la tenuta del mafioso e il castello di Donnafugata.
A concludere la commistione tra parola scritta e immagine in movimento, il Camilleri scrittore ha introdotto in Riccardino anche un Camilleri-personaggio che dialoga con il Montalbano letterario e discute sull’opportunità di certe azioni condotte dal Montalbano televisivo. Piani e temi narrativi finiscono così per sovrapporsi e confondersi, complicando ulteriormente il rapporto tra storia e narrazione, tra enunciato scritto e messa in scena. Dal canto suo, il Montalbano letterario, dialogando col proprio autore, dà la falsa impressione che stia discutendo con l’autore empirico, mentre sappiamo bene che si tratta del simulacro dello scrittore. E mentre la distanza tra realtà e finzione si sfalda sotto questo gioco di rappresentazioni, ne viene fuori un unicum, un universo montalbanesco dove non è più possibile separare gli elementi che sono entrati a far parte di questo grande calderone.
La verandina di Montalbano
E allora, che si tratti di un accademico alle prese con lo studio dell’idioletto camilleriano, di un appassionato lettore dei romanzi di Montalbano o un abituale spettatore che non si perde una prima visione con Luca Zingaretti, poco importa: ciascuno di loro è autorizzato soffermarsi come in pellegrinaggio davanti alla verandina della casa sul mare che si trova a Punta Secca e fantasticare che dalla porta-finestra, a un certo punto, possa spuntare un commissario di polizia – calvo o baffuto fa lo stesso – con una caffettiera in mano nel tentativo di svegliarsi o con un telefono all’orecchio tramite il quale un agente dalla parlata sgrammaticata lo informa del rinvenimento di un cadavere.
Giuseppe Raudino