(…) l’oscurità divina e benefica la circondava, onda dopo onda, e la sommergeva; persino quando lo teneva lì e lo guariva; persino mentre ancora le sembrava che il suo amore perforasse la paura e la avvolgesse, spirito contro spirito, fiamma contro fiamma di dolore.
May Sinclair è stata una scrittrice di romanzi e racconti molto popolare negli USA più che in Gran Bretagna. Amica di Thomas Hardy, Henry James, Rebecca West, H.G. Wells, fervente attivista per i diritti delle donne, tra il 1897 e il 1927 ha pubblicato ventiquattro romanzi, cinque volumi di racconti e due di filosofia, due collezioni di versi e svariati saggi.
La sua fama è stata considerevole anche come critica letteraria.
Nel 1918, infatti, Sinclair ha recensito i primi tre romanzi della serie Pilgrimage (che ne conta ben tredici) di Dorothy Richardson sulla rivista letteraria The Egoist, sottolineando una sostanziale «originalità di metodo, e un certo tipo di realismo psicologico».
Per sostenere la sua opinione, Sinclair prosegue così: «in questa serie non c’è dramma, nessun accadimento, nessuna scena fissa. Non succede niente. È solo la vita che continua. È il flusso di coscienza di Miriam Henderson che continua e continua […] Richardson sembra essere la prima ad avvicinarsi alla realtà più di tutti i nostri romanzieri che cercano disperatamente di farlo.»
Sinclair è la prima a adoperare il termine flusso di coscienza, mutuato dalla psicologia, per un’opera di narrativa, e a rendersi conto del cambiamento in atto nella letteratura novecentesca. Cambiamento che sarà in grado di evidenziare negli scritti critici e di inglobare nella propria scrittura, guadagnandosi la fama di precursora di Virginia Woolf.
Eppure, l’autrice non è molto nota al di fuori dei paesi anglofoni.
Quando ho avuto la possibilità di leggere la raccolta di racconti La scoperta dell’assoluto e altre storie del mistero edita 8otto edizioni, ho scoperto un’autrice con uno stile moderno ed evocativo, in grado di giocare con la lingua mantenendosi in equilibrio perfetto tra quotidianità e mistero.
In queste sette storie, pubblicate con il titolo Uncanny stories in edizione illustrata nel 1923, diversi sono i temi ricorrenti: l’orrore della vita familiare, la condizione femminile, lo spirito di abnegazione. Ogni elemento prende forma in contesti orrorifici, misteriosi, seppur ordinari, e il linguaggio ben controllato di Sinclair fonde con sapienza e chirurgico lavoro di cesello il gotico vittoriano e la tradizione modernista.
E le cose che si vedono e odono… Un cielo azzurro, ora, sarebbe stato azzurro alla vista di Dio o semplicemente qualcosa di inimmaginabile? E i rumori, la musica? Per esempio, sto ascoltando la grand opéra e voi un gruppo jazz al ristorante, ma il Dio del panteismo sta ascoltando entrambi, tutti i suoni dell’universo contemporaneamente.
Il mondo sensibile è esplorato attraverso ciò che tangibile non è: presenze terribili, tormentate, di quelle che rievocano Giro di vite di Henry James (non a caso), assumono contorni vividi grazie alle descrizioni minuziose di un’autrice tutta da riscoprire.
Da Dove il fuoco non è estinto a L’Emblema, da Se i morti non sapessero a L’incrinatura del cristallo, ogni storia ha in sé tecniche e prospettive narrative diverse che sconvolgono la naturale percezione delle cose rendendo ragionevoli e plausibili le cose oscene e ultraterrene: il paranormale è parte integrante delle vite di chi popola i sette racconti.
Nella vostra innocenza c’era il principio del vostro peccato.
Senza scivolare mai nell’esasperazione e nel grottesco, La scoperta dell’assoluto mostra la grandezza di una versatile, brillante e abile autrice ingiustamente bistrattata e poco tradotta (almeno in Italia) che mi auguro possa arrivare ai lettori che merita.
Nicole Zoi Gatto
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