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Oliva Denaro e il coraggio di dire “no”

Dopo il successo de Il treno dei bambini (2019), caso letterario dell’anno, in corso di traduzione in trentaquattro lingue, Viola Ardone torna in libreria con Oliva Denaro (2021): romanzo di toccante e semplice bellezza, ispirato a una storia vera, che la scrittrice napoletana ha la grazia di non citare direttamente, ma di omaggiare e ricordare.

La Sicilia degli anni Sessanta

Anno 1960. Oliva Denaro è una ragazza di quindici anni che abita in Sicilia, nel paese di Martorana, insieme alla madre Amalia – colei che detta le “regole” in famiglia e che, quando ha i nervi “intorcinati”, rievoca il calabrese cosentino per dolersi di aver lasciato, per amore, il continente; il padre Salvo, che, a differenza della moglie, preferisce il silenzio, e che, nel suo stare in silenzio, si erge come un tronco resistente e salvifico a sostegno dei figli; e il fratello gemello, Cosimino, assai fortunato di essere nato maschio. La sorella maggiore Fortunata è andata in moglie al figlio del sindaco, un matrimonio poco propizio che non ha portato né figli né gioie.

«La femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia»

Uomini e donne, maschi e femmine: un dualismo identitario che, ahimè, è ben chiaro a Oliva fin da quando è piccinna. Difatti, fin da allora, Oliva sente la madre pronunciare, in modo sentenzioso e senza repliche, questo detto: «La femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia».

E, così inevitabilmente, già in età infantile, Oliva si rende conto che la strada che la sua esistenza ha imboccato è assai differente, e molto più burrascosa e travagliata, rispetto a quella del fratello gemello Cosimino: se dentro la pancia della madre, lei e Cosimino erano uguali – stesse possibilità e stesse responsabilità – ora, nella vita di tutti i giorni, il sesso maschile consente al fratello una maggiore libertà nel pensare e nell’agire.

In attesa del “marchese”, Oliva può ancora rientrare a casa da sola, ma è pienamente consapevole che, non appena l’adolescenza la toccherà, tante libertà non le verranno più permesse: dovrà camminare dritta, con lo sguardo rivolto verso il basso; non potrà più correre a scattafiato con i suoi zoccoletti – simbolo di un’infanzia giocosamente allegra – ma dovrà indossare abiti e scarpe da ragazza adulta; non potrà più parlare a tu per tu con gli uomini.

Non potrà più essere solo Oliva – femminile singolare – ma sarà sempre un femminile plurale, accompagnata dalla madre, dalla sorella, dalle amiche: «non esiste, infatti, il femminile singolare perché le donne, a differenza degli uomini, in un modo o nell’altro, sempre insieme devono stare».

Il coraggio di essere donna

Ma, per diventare donne, è proprio necessario rispettare tutte queste regole, figlie di un’antiquata e retrograda tradizione comportamentale?

Una volta divenuta donna, Oliva non avrà più il diritto di giocare, in un’oasi di spensieratezza d’animo, con il suo amico Saro. Non potranno più, lei e Saro, stendersi sull’erba bagnata a osservare, in cielo, la forma delle nuvole. Non potranno più giocare con i trucioli di legno di fronte alla falegnameria di famiglia. Non potranno più guardarsi negli occhi senza la paura del sesso altrui.

Sì, diventare adulti significa perdere la spensieratezza infantile, e questa perdita è ancora più dolorosa e dolente nel momento in cui il passaggio dall’età infantile-adolescenziale all’età adulta avviene in maniera forzata, attraverso un atto di scassinatura interiore a cui è difficile opporre resistenza.

Oliva diventa donna – donna che può essere spiata e giudicata –, ma come la perforatura dei lobi, che segnò il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, fu un atto praticato di forza, e che la rese una “donna imperfetta”, così anche la penetrazione del suo corpo sarà un’operazione eseguita per volere altrui in modo coercitivo e imposto.

L’onta del matrimonio riparatore

E, una volta incarcerata in una stanza buia e priva della luce della libertà e dell’indipendenza, qual è l’atteggiamento da tenere nei confronti del proprio aguzzino? Sposarlo di fronte a un altare e amarlo per tutta la vita finché morte non vi separi? Questo prevedevano gli articoli 544 e 587 del Codice Penale, secondo i quali, chi subiva una violenza sessuale – fisica e psicologica – avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo stupratore, salvando il suo onoree quello di famiglia. Chiamasi matrimonio riparatore, o meglio carcere domestico a vita.

L’abrogazione dell’offesa

Nel 1996, gli articoli 544 e 587 del Codice Penale sono stati abrogati, e ciò è stato possibile solamente grazie a una donna come Oliva Denaro – alias Franca Viola – che ha trovato la forza – nei silenzi paterni, nei discorsi della sua maestra Rosaria e della sua amica Liliana, ma, soprattutto in se stessa – per combattere in difesa della sua persona e di tutte le altre donne che si sarebbero trovate nella sua condizione.

Libertà di scegliere, questo ha scelto per se stessa Oliva e, anche se le maleforbici del paese l’incolparono delle accuse più disparate, la giovane andò avanti a testa dritta. Testa dritta per ricordare a tutte le donne che non siamo galline, e né tantomeno galline impettite, e che, per affermare i nostri diritti, dobbiamo imparare a fare rumore, perché il femminile singolare dipende, innanzitutto, da noi.

Beatrice Sciarrillo

Redazione

Grado Zero è una rivista culturale online, nata dall’incontro di menti giovani. Si occupa di cultura e contemporaneità, con particolare attenzione al mondo della letteratura e del cinema.

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