Procida metafisica in “Alma che visse in fondo al mare”
In una Procida incantata, avvolta da una nube di febbricitante ardore, circondata da un mare immutato e al di fuori del tempo, capace tuttavia di presentarsi multiforme – ora cristallino per la bonaccia, ora minaccioso nella burrasca – con il romanzo Alma che visse in fondo al mare (Polidoro Editore) Martin Rua ci racconta una storia ricca di amori, tradizioni, misteri e dissapori che si intrecciano sull’isola dell’arcipelago campano.
A un primo sguardo, Procida, oggi capitale della cultura 2022, sembra dipinta come la classica rappresentazione di uno spazio stereotipato, in cui gli scorci pittoreschi si fondono con le storie della piccola comunità che li abita da innumerevoli generazioni, dove le voci si rincorrono e si susseguono l’una con l’altra, attraversando in un lampo tutta l’isola, dalla Corricella a Terra Murata, dalla Marina fino alle baie più nascoste e ai promontori meno battuti.
Procida metafisica
Il lettore che volesse ingannarsi potrebbe leggere questo romanzo come il resoconto di una mera esplorazione geografico-sentimentale, come la semplice favola di due voci protagoniste – Alma e Napò – che, amandosi ardentemente, emergono con prepotenza dalla coralità bisbigliante sullo sfondo. Eppure non è così. Procida non è solo il luogo consacrato all’amore dei protagonisti ma è l’amore stesso, ovvero una dimensione dell’animo umano, un concentrato di energia spirituale racchiusa tra quelle spiagge e quei faraglioni, tra le onde che la attorniano in superficie e i fondali di cui Napò è indiscusso signore.
Napoleone Lubrano di Scampamorte
Meglio conosciuto con il diminutivo di Napò, il protagonista di questa storia è la sintesi di sublimi vette artistiche e di profonde doti pratiche: da un lato dipinge come Caravaggio, di cui sembra essere anche un lontanissimo discendente, e dall’altro è un abilissimo pescatore, imbattibile nelle immersioni in apnea e nella conoscenza dei fondali procidani. Oltre alla pesca e alla pittura, si dedica anche alla scultura, sebbene in modo più schivo che si rivelerà appieno solo nel delizioso finale. Ha appreso i primi rudimenti artistici dallo zio, mentore e primissimo maestro, il quale gli ha fatto conoscere una famosa tela del Merisi e la celeberrima statua del Cristo velato scolpita da Sanmartino, capolavori entrambi custoditi a Napoli. Tuttavia Napò cresce artisticamente da autodidatta e, man mano che il tempo scorre, si rinchiuderà sempre di più nel suo studio, fatto di struggimenti amorosi e di fervente operosità.
Alma Scotto di Santillo
È la coprotagonista del romanzo, la ragazzina che a tredici anni ha già la testa e le forme della donna che farà innamorare perdutamente di sé Napoleone. Amore che sarà contraccambiato tra mille ostacoli. Nelle vene di Alma scorre per metà sangue procidano (da parte di padre) e per metà sangue giamaicano. La sua abilità nel nuotare ereditata dai geni caraibici è pari solo a quella di Napò. Per questo i due si trovano: è una competizione ma anche un’affinità che li avvicina.
Misteriosi richiami ancestrali
Ciò che accomuna Alma e Napò non è soltanto la passione per il nuoto o la reciproca attrazione. Altre forze occulte e misteriose sembrano guidare i loro destini per darsi appuntamento sull’isola di Procida. L’energia che emana dalla giovane donna, ereditata certamente dalla madre, è in grado di influenzare gli umori dell’isola semplicemente con la sua sola presenza. Si tratta di forze invisibili ma chiaramente percepite. La pratica della stregoneria, tanto diffusa tra gli afroamericani e i discendenti dei pirati come Alma, è infatti un altro punto di contatto tra la fanciulla e Napò, il quale ha anche tra le fila dei propri trisavoli un paio di personaggi usi a frequentare consessi diabolici per ottenere qualche vantaggio materiale.
A questo proposito è emblematico come lo stesso don Leonardo, da sacerdote di paese che per definizione ha dimestichezza in materia di soprannaturale, avverte sentore di zolfo e sospetta influenze sataniche sul ragazzo sin da quando era in fasce, tant’è che, al momento del battesimo, usa una formula sui generis nell’aspergergli l’acquasanta sul capo: Napoleone, se è vero che sei un uomo – dice in latino il prete – se sei dunque un uomo (e, sottinteso, non un demonio) io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. A ragion veduta, potremmo dire che il chierico fallisce di impartire la funzione principale del sacramento, ovvero l’esorcismo battesimale, e non è detto che questo episodio non abbia conseguenze sui demoni che Napò dovrà affrontare nella sua vita.
Superstizione e gelosia
Se esiste, a mio avviso, un modo per comprendere a fondo le tradizioni, la psicologia e le relazioni sociali nell’area del Mediterraneo, questo modo passa senz’altro attraverso lo studio della superstizione popolare. A essere precisi, non è solo il Mediterraneo a esserne interessato, ma tutto il Sud del mondo, come ci dimostra brillantemente il romanzo di Martin Rua. Procida e la Giamaica sono due isole lontane, eppure la magia è fortemente presente in entrambe e con prepotenza condiziona i rispettivi abitanti. Soprattutto la ragnatela di relazioni, spesso costellate da rancori, invidie e gelosie, è quella che maggiormente subisce ogni sorta di influenza. In questo senso, le arti magiche degli schiavi deportati nel continente americano dall’Africa alcuni secoli fa, ma ancora vive nelle pratiche del sincretismo e della tradizione Obeah giamaicana, non sono poi così dissimili nell’intento, se paragonate alla divinazione, al malocchio e alle maledizioni nostrani, riti anch’essi intrisi di spiritismo e occultismo. L’albero genealogico porta ad Alma dei rametti medianici mai recisi, e lo stesso potrebbe dirsi di Napò, che in un’occasione si mostra persino in grado superare una vecchia zia fattucchiera tanto temuta da tutti i procidani, azzeccando con maggiore precisione una profezia. Se la vecchia megera traeva efficacemente gli auspici interrogando il tipico “quadrillo” di Procida, Napò vede talvolta il futuro negli stessi quadri che dipinge.
L’amore ostacolato
Se gelosia, malvagità e superstizione non fossero mai esistite, l’amore tra Napò e Alma sarebbe stato quasi banale. A complicare ulteriormente la faccenda c’è poi la tendenza di Napò a sovrapporre Alma e Procida, vedendo un unico immenso amore là dove i destinatari di tale sentimento sarebbero potuti restare separati e distinti. L’arte accorre in aiuto e in ultima analisi si dimostra in grado di abbattere distanze e asincronicità, complotti e cospirazioni, forze occulte e ostacoli concreti, materiali. A prescindere dalle conseguenze, dagli sviluppi e dal finale di questa relazione, al lettore resta comunque la piacevole sensazione di aver assaporato una grande storia d’amore, una storia che a momenti trascende le leggi della fisica scivolando nella metafisica, nella magia profonda che avvolge l’isola come l’abbraccio immenso degli azzurri fondali che la circondano.
Giuseppe Raudino