La ricerca di un posto nel mondo secondo Marco Desiati
Con 244 voti è il libro in testa ai sette finalisti del Premio Strega 2022: si tratta di Spatriati, di Mario Desiati, romanzo dedicato a coloro che abbandonano le proprie terre alla ricerca di una vita più vera o che ancora cercano un proprio posto nel mondo anche dopo aver superato gli “enta”.
Nel dialetto di Martina Franca spatriètə significa però molto di più: irregolare, vagabondo, ramingo, balordo, sparito, ucciso, sciatto, interrotto. Quello che Desiati vuole proporci, senza giudizi e senza filtri, è una generazione per cui valgono tutti questi aggettivi, e lo fa con una prosa cristallina, evocativa, in cui lirismo e crudità si contrappongono, anzi si fondono l’uno con l’altra. E come già dimostrato nei suoi precedenti romanzi, l’autore si immerge totalmente nel proprio racconto, tanto che è difficile capire dove finisca l’autobiografia e inizi la fiction.
Crescere in Puglia negli anni Novanta
Il romanzo narra in prima persona la storia di Francesco, dall’adolescenza all’età adulta, e del suo rapporto con Claudia, da lui sempre descritta come la persona più importante della sua vita. È quindi un romanzo di formazione, un coming of age che coincide con un coming out lento ma inesorabile. I due protagonisti sono di Martina Franca e non potrebbero essere più diversi: lui attaccato alle convenzioni, dentro e fuori, e alla sua terra, lei anticonformista ed eccentrica, nell’aspetto come nei gesti, e desiderosa di lasciare tutto e andare altrove: Londra, Milano e infine Berlino. Francesco passa buona parte della propria vita a osservare gli spostamenti e i cambiamenti di Claudia finché non decide anche lui un giorno di seguirla in Germania.
C’è tanto amore per la Puglia in questo romanzo e le descrizioni dei luoghi e delle tradizioni rurali e religiose rappresentano le pagine migliori. Sole, vento, ulivi, vigne, trulli, il bianco della calce, i paesani pettegoli, la parrocchia, le processioni, le piazzette sono le immagini di una Puglia che cambia e che da zona rurale e depressa diventa turistica e di tendenza, restando però conservatrice, ovvero maschilista e omofoba e intrappolata nei propri pregiudizi e chiusure mentali in quel patriarcato che tanto ricorda la parola patria. E in effetti, oltre che dalla patria, i due protagonisti vogliono sfuggire dall’anacronistico patriarcato che li opprime.
Berlino, sinonimo di libertà
Dall’altra parte c’è Berlino, grigia, fredda, enorme, spregiudicata, con i suoi palazzoni, la metro affollata, i senzatetto, i rave party, le droghe e il sesso estremo. In questa contrapposizione non c’è nulla di nuovo, così come non è per nulla originale l’immagine di Berlino come città dello sballo e della sessualità libera. Viene subito in mente Pier Vittorio Tondelli (qui il nostro articolo a lui dedicato), tra l’altro citato nel romanzo, e la sua fascinazione per la Berlino dei teatri e dei sex club, contrapposta alla sua natia Correggio, cittadina di tradizione contadina e conservatrice. Ed è vero che Berlino negli anni ’80 rivaleggiava con New York come città in cui tutto era possibile e tutto diventava arte: basti pensare al legame che ebbero con la città David Bowie, Iggy Pop, Depeche Mode e Nick Cave, ma anche a romanzi culto come Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino. Lo si può dire però anche della Berlino degli ultimi dieci anni? Per i personaggi del romanzo sì e noi lo rispettiamo.
Tagliare le radici per rinascere altrove
Allo stesso modo rispettiamo e ammiriamo l’aver prolungato finalmente l’arco temporale di un romanzo di formazione, perché i dolori di un giovane Werther o le disgrazie di un Oliver Twist sono lontane e oggigiorno diventiamo adulti dopo i trent’anni, soprattutto in Italia. E la pandemia ci ha insegnato che non è mai troppo tardi per cambiare vita e iniziare ad amare sé stessi. Così il nostro Francesco dopo aver vissuto per oltre trent’anni una vita che non gli somiglia per nulla, decide di lasciare tutto e ricominciare da zero. Questo è qualcosa che non tutti capiranno e non tutti apprezzeranno ma corrisponde alla realtà di molti, una realtà che crea una crepa netta tra le generazioni, soprattutto nelle mentalità chiuse delle zone più arretrate, dove nessuno sembra comprendere questi nuovi emigrati che lasciano la propria terra non perché costretti dalla fame come i propri nonni, ma perché vogliono ritrovare se stessi e solo lontano dalla propria terra e la propria famiglia si può essere delle persone autentiche. Così Francesco e Claudia tagliano le proprie radici per metterne delle nuove, forse incerte ma lontane da sguardi che giudicano e non comprendono. Le vite che creano non sono certo perfette, anzi, ma sono vive. E così lasciano le loro case grandi e accoglienti e i lavori ben pagati per i quali hanno studiato anni e anni all’università e se ne vanno in quartieri malfamati a condividere appartamenti con sconosciuti e sbarcare il lunario con lavoretti che non richiedono alcuna qualifica.
Le passioni dell’autore
Un aspetto importante del romanzo è poi lo spazio concesso a romanzieri e poeti, soprattutto italiani e in particolar modo pugliesi: Vittorio Bodini, Maria Marcone, Mariateresa Di Lascia, Biagia Marniti e altri ancora. Dietro al personaggio di Claudia che recita i loro versi e suggerisce a Francesco di leggerli, si riscontra l’invito dello stesso autore. L’amore dell’autore per la letteratura e la fede nel suo ruolo salvifico è ben impersonato del resto in un episodio in cui Claudia si salva dalla furia omicida del compagno mettendo in pratica ciò che le ha insegnato Caro Michele di Natalia Ginzburg.
Il passato da giornalista di Desiati (altro tratto in comune con Tondelli!) si ritrova invece nei dettagli, nei riferimenti socio-culturali, nel bisogno di contestualizzare e nel fornire alle fine una serie di note in cui si spiega con rigore enciclopedico ogni citazione.
Altra passione dello scrittore è quella per la lingua e lo si vede nella scelta di intitolare ogni capitolo con un termine di cui trascrive il significato: nel suo dialetto d’origine sono infatti i primi capitoli e l’ultimo, mentre al tedesco sono dedicati i capitoli centrali. Fra questi trovo esemplificativo Torschlußpanik, parola tedesca che esprime “paura di non raggiungere un obiettivo per ragioni anagrafiche, un figlio, una famiglia o un determinato stato professionale”. Una condizione che oggi sempre più persone ammettono di vivere e che ben descrive le ultime generazioni.
In conclusione possiamo dire che aggiornando temi fondamentali ma non nuovi come la condizione del Meridione, la ricerca del sé, le migrazioni e l’identità di genere, Desiati mette su carta i dubbi di una generazione già rappresentata in letteratura, quella nata negli anni Settanta, ma lo fa con una prosa lirica e cinematografica che ammalia anche chi non ne apprezzerà il contenuto, proprio come avvenne con Tondelli quarant’anni fa.
Carlo Crotti