Racconto: Milleuno
Call
Io sono quella che aspetta. Dall’ultima sua telefonata erano passati due anni. Poi mi ha chiamato. Dopo due anni. Per me era una storia in sospeso. Io ero sospesa a quella storia. Avete presente una gruccia? Io ero la gruccia. Oppure ero l’abito appeso a quella gruccia. Sta lì. Può stare lì anche per anni, o per sempre. Fino a che chi abita nella casa della gruccia non si trasferisce o muore. E allora i nuovi abitanti buttano via tutto quello che trovano, ad esempio quella gruccia abbandonata lì.
E così, a una mezzanotte qualunque dopo due anni di silenzio, lui telefona. Ciao come stai, come se niente fosse, e poi mette giù.
Perciò ho deciso che questa storia doveva avere una soluzione. Dopo dieci anni di psicoterapia questa è stata la prima vera decisione della mia vita. Di quelle che arrivano dal tuo profondo, dove si trova l’energia per agire. Ero determinata ad andare fino in fondo con quella storia con Luigi. Volevo avere finalmente una spiegazione da lui. Volevo chiedergli: perché dopo due anni mi telefoni a mezzanotte? Che cosa vuoi da me?
Ma Luigi non è di quelli che rispondono alle domande, che rispondono a qualsiasi domanda, figuriamoci a quelle in cui deve esporsi, deve aprire il suo cuore a qualcuno. Non è di quelli che ce l’hanno un cuore, nel senso che non lo sentono, anche se ce lo devono avere, come tutti del resto.
A sedurlo c’ ho messo tre mesi. Quando mi telefonò a mezzanotte era inverno. Il nostro primo incontro avvenne a primavera. Per tutti quei tre mesi non feci altro che chiamarlo al cellulare o mandargli sms. Non mi ha mai risposto. Mi ricordo una domenica, gli ho telefonato sei volte, senza che lui mi rispondesse mai. Verso la fine di marzo la mia determinazione ad avere un chiarimento con Luigi era ai massimi livelli. L’ho aspettato all’uscita dal lavoro. Ci sono andata tre volte. Le prime due non mi sono fatta vedere. La terza mi sono messa in mezzo all’uscita con le braccia conserte pronta alla battaglia. Sì, è vero, l’amore è una guerra, e io ero pronta. Quando lui mi ha visto mi ha sorriso e mi ha detto Giannina che bello vederti, come stai? Noi dobbiamo vederci per parlare, gli ho detto, voglio un chiarimento.
Così è cominciato un periodo in cui gli telefonavo per un appuntamento e lui mi rispondeva. Per me questo era già tanto. Ero già a metà dell’opera. Ma non riuscivamo mai a incontrarci. Troppi impegni di lavoro, a suo dire. Una sera finalmente ci dovevamo vedere. L’appuntamento era ad un distributore di benzina a metà strada tra casa mia e casa sua. Ero lì che aspettavo e ricevetti una sua telefonata. Non posso venire, mi disse, c’è qualcuno che mi aspetta sotto casa. Come fai a saperlo?, ebbi la forza di dire. Mi hanno avvertito, mi rispose.
Tornai a casa, piansi tutta la notte e tutto il giorno dopo che per fortuna era domenica e così almeno non dovevo andare al lavoro in quello stato. Per me la storia era chiusa. Aveva superato il limite. Perché anche io ho un limite. Ma poi lui mi telefonò dandomi un altro appuntamento e così la nostra storia è ricominciata, e ancora continua.
Lui, dico sempre alle amiche, non potrebbe essere più diverso da me. Loro, a questa mia affermazione che ripeto ogni volta che parlo a qualcuno di Luigi, stanno zitte e fanno delle facce mute che non ho ancora ben capito cosa significano. Lui è un donnaiolo e io a 48 anni ero ancora vergine. Dopo quella telefonata a mezzanotte decisi che non lo sarei stata comunque più. E che avrei accettato da Luigi qualsiasi condizione pur di avere un qualunque tipo di relazione con lui. Lo sapevo già come era fatto. Lo conosco da così tanto tempo. Per anni quando mi incontrava mi diceva tu mi arrapi. Ma non fraintendermi, non sono mica innamorato di te, però mi fai sangue. Allora non potevo lontanamente accettare che qualcuno mi dicesse frasi del genere. Per me il sesso era un tabù, qualcosa di sporco, e poi il mio confessore cosa ne avrebbe pensato? Una brava ragazza come me tutta lavoro casa e chiesa che si fa scopare da uno che le dice tu mi arrapi e che non è né il suo fidanzato né suo marito.
Per anni ho rifiutato queste sue avance sessuali. Adesso invece le accetto, eccome. Il sesso non è più qualcosa di sporco e dal mio confessore non ci vado più. Con Luigi è stato tutto così naturale. E lo è ancora. Ma le condizioni le detta sempre lui, il quando, il dove che poi è sempre a casa sua, mai la mia. Non parliamo quasi per niente durante i nostri incontri. Che avvengono sempre di notte. Niente cene, cinema, uscite. Lui lavora tutto il giorno fino a tardi, compresi i sabati e le domeniche. Una volta alla settimana ci vediamo a casa sua e scopiamo tutta la notte. Al mattino, senza aver chiuso occhio, vado direttamente al lavoro e i colleghi mi dicono come sei bella oggi!
Con le amiche mi confido, gli parlo di questo strano uomo. Di questa nostra non–relazione. Ve lo sareste immaginato che io potessi avere una storia del genere? Anche in questo caso loro fanno delle facce mute. E io non capisco perché. Non è che mi disapprovino. Però non commentano, non mi dicono niente.
La mia psicoterapeuta invece, lei mi dice. Mi dice che questa storia mi fa male. E che se tra due anni è ancora allo stesso punto, io che vado a casa di Luigi, si scopa e poi tutto finisce lì, non è una cosa sostenibile. Io di lei mi fido ciecamente. Però poi faccio come mi pare.
Quando la sera tardi vado da Luigi lui sta giocando sempre alla playstation. Ha una casa incredibilmente disordinata. Scarpe, vestiti, piatti dappertutto. Gioca finché ne ha voglia, poi facciamo l’amore. Intanto, io aspetto.
Dianella Bardelli ha insegnato lettere e scrittura creativa in varie scuole e istituzioni. Ha pubblicato un libro di poesie e vari romanzi, l’ultimo dei quali intitolato Come sono eccitanti gli uomini che ci spezzano il cuore, ispirato alla figura di Lenore Kandel. Questi i suoi blog:
http://lascrittura.altervista.org
https://poesiaprosaspontanea.wordpress.com/
http://solohaiku.altervista.org
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