Le bugie non salvano nessuno: il romanzo di Monica Coppola
Anna è solo una bambina all’inizio di questa lunga storia. È la sua voce narrante a guidarci in un percorso di crescita ed evoluzione naturale piena di sofferenza, in dinamiche familiari negative che nel tempo le faranno accumulare frustrazioni e perdere l’amor proprio. Accade in Le bugie non salvano nessuno (Las Vegas edizioni), il nuovo romanzo della valente scrittrice torinese Monica Coppola.
Anna, la protagonista, non è solo bambina, ma anche sorella minore, adolescente, “figlia unica” in un insieme di bugie e pezzi mancanti di una storia che cerca di ricostruire.
Anna viveva in uno di quei quartieri popolosi della Torino degli anni Novanta, abitati in maggior parte da famiglie di operai, dove ci si alzava la mattina all’alba e si rientrava alla sera, facendosi largo tra delinquenza e spaccio. Era ancora una bambina quando iniziò a capire di non somigliare in nulla a sua madre e a sentire quasi di non appartenere alla sua famiglia.
Da una parte c’era sua madre, una bella donna, con gli occhi color nocciola e labbra piene che si deformavano ogni volta che urlava, presa dalle mille preoccupazioni per il marito, operaio della Fiat, per Enzo, il figlio più grande, per la piccola Anna e per i soldi che non bastavano mai. Dall’altra, c’è il padre di Anna, terzo di cinque figli, col suo lavoro in fabbrica appunto; un uomo silenzioso, un padre invecchiato che sembrava portarsi addosso il peso di anni difficili.
Per Anna, quella famiglia e quella casa erano soffocanti; una casa dove le grida della madre colpivano tutti, riempivano le stanze, e le discussioni da lei provocate avvenivano sempre nei momenti meno adatti; una madre ingombrante, insoddisfatta, abituata a far riemergere antichi rancori e trovarne sempre di nuovi; premurosa sulle amicizie dei figli e preoccupata di quello che potessero vedere, sentire e dire i vicini.
Anna si chiudeva in bagno chiedendosi chi fosse veramente. L’unico vero legame che sentiva in quella famiglia era con il fratello Enzo, adorato per il suo carattere spavaldo: un capobanda.
Nel giorno del suo diciottesimo compleanno Enzo sparì e nei giorni seguenti tutto ciò che gli apparteneva era finito nei grandi sacchi della spazzatura; la madre aveva provveduto a ripulire tutto, la sua assenza frastornò tutti ma divenne l’elefante nella stanza: nessuno avrebbe dovuto più nominare Enzo, nessuno avrebbe dovuto parlare di quella mancanza.
Anna si sentiva cambiata dagli anni che passavano e dall’assenza di Enzo, si divideva tra l’impegno a scuola e l’amicizia con Lara, l’unica persona che cercava di darle una risposta a qualunque sua domanda, l’unica che aveva riempito il vuoto che il fratello aveva lasciato.
Per potermi salvare dovevo aggrapparmi a qualcosa di bello.
Ed è così che cresce Anna: cercando riparo, nell’amicizia, nell’affetto della nonna, nel primo amore all’oratorio. Il vuoto di tutte le mancanze subite si percepisce palpabile nello scorrere delle pagine, attraverso la ricerca di una vita che non è più la sua; per anni prova a indossare il mantello protettivo del “come mi vogliono gli altri”, ma quando decide di toglierlo si rende conto che era quello stesso mantello a non permetterle di crescere con delle certezze né con una vera personalità.
Il suo timore era diventare come la madre che ogni giorno aggiungeva una nuova mania, dai vasetti di vetro accatastati alle torri di biancheria.
lei che si aggrappava ai mucchi, alle liste, alla roba e io mi avvinghiavo ai ricordi.
Anna iniziò a cercare da sola le risposte a quelle domande che le frullavano in testa: chi erano i suoi genitori? Perché erano così infelici? Perché quella famiglia si era così sgretolata?
La foto dei suoi genitori giovani, vicini ma con lo spazio vuoto di un abbraccio.
Monica Coppola mette in scena temi familiari fondamentali come il legame tra un fratello e una sorella, il senso di colpa e l’impotenza di un’età e di un’educazione basata sull’apparenza, l’amore e il tradimento, un conflitto non ben dichiarato con i genitori, la paura e il pudore di confessare e ammettere le proprie fragilità.
Tanti i discorsi trattati con delicatezza e profonda sensibilità che sicuramene suggeriscono al lettore la possibilità di riflettere su sé stessi, sui legami che instauriamo nel corso della nostra vita, le verità nascoste del nostro passato e dei nostri cari, e infine sull’esistenza stessa, la sua precarietà e l’essere così inaspettata.
La storia di Anna, Enzo, i loro genitori e tutti gli altri personaggi che si affacciano nel romanzo è fatta di pieni e di vuoti, di silenzi, di un passato che torna ingombrante, di una vita che non è vita se passata a soffocare i sensi di colpa e le insoddisfazioni. Ma raccontare bugie pensando di salvarsi è un errore! Può sembrare una facile scappatoia al momento ma alla fine le menzogne presentano il conto e, quando accade, ciò che si scopre è ancor più doloroso.
Lo stile di Monica Coppola appare estremamente immersivo nel punto di vista di Anna, chiaro, asciutto nella creazione di un personaggio da bambina a adolescente alla quale ci si avvicina così profondamente da voler sapere cosa ne sarà stato della sua vita di donna ormai adulta.
L’amaro della verità mi risaliva in bocca, alterava il passato, deformava il presente e tutto il mio passato. Non solo apprendevo una parte ignota sui miei genitori ma mi scoprivo anche io diversa.
Anna Chiara Stellato