Il principe – la storia, i rotocalchi, il contemporaneo
Ci prova di nuovo Netflix con una docuserie incentrata su personaggi del nostro passato recente alquanto controversi. Questa volta è il momento di Vittorio Emanuele di Savoia con Il Principe diretta da Beatrice Borromeo Casiraghi.
Il destino di Vittorio Emanuele è stato segnato sin dalla sua giovinezza con l’idea di diventare Re e con un’educazione improntata a questo ruolo. Tuttavia, tutto cambia nel 1946 quando il referendum trasforma l’Italia in una Repubblica, mettendo fine alla Monarchia e costringendo l’intera famiglia reale all’esilio. Questo evento segna l’inizio di un declino per Vittorio Emanuele, sua moglie Marina Doria e suo figlio Emanuele Filiberto. In seguito all’esilio, Vittorio Emanuele decide di acquistare una casa a Cavallo, in Corsica, un luogo vicino all’Italia dove spesso trascorreva le sue vacanze. Proprio durante una di queste vacanze accade il tragico evento che costituisce il fulcro della miniserie: il giovane tedesco Dirk Hamer viene ferito e successivamente muore.
La docuserie approfondisce questi e altri avvenimenti significativi, gettando luce sulla vita di Vittorio Emanuele, la sua famiglia e il suo destino segnato da eventi storici e personali. Netflix ci offre così la possibilità di scoprire o riscoprire la storia di questo personaggio, facendoci riflettere su un passato controverso e spesso dimenticato.
La trama
Il Principe è una serie documentaristica composta da tre episodi, che rivisita gli avvenimenti tragici avvenuti nella notte del 18 Agosto 1978 nell’isola di Cavallo, e getta luce sulla vita di Vittorio Emanuele di Savoia, l’ultimo erede al trono d’Italia. Al centro della trama si trova il processo giudiziario riguardante la morte del giovane Dirk Hamer, ma la docuserie, tramite i racconti dei protagonisti stessi, offre uno sguardo più intimo su Vittorio Emanuele, rivelando il suo rapporto complesso con i genitori, la storia d’amore con Marina Doria, gli scandali, la dinamica con suo figlio e molto altro.
Nella notte tra il 17 e il 18 agosto 1978, sull’isola di Cavallo, Vittorio Emanuele si rese conto che il gommone del suo yacht era stato rubato e legato a un’altra imbarcazione nelle vicinanze. Armato di carabina, cercò di salire a bordo dell’imbarcazione, ma due colpi furono sparati, uno dei quali ferì mortalmente Dirk Hamer (il diciannovenne figlio di Ryke Geerd Hamer) che si trovava a dormire sul ponte di un’altra barca adiacente. Vittorio Emanuele ammise la responsabilità civile della morte in una lettera del 28 agosto 1978, ma successivamente ritrattò questa ammissione. Dirk Hamer morì a causa delle ferite riportate il 7 dicembre 1978 e Vittorio Emanuele fu arrestato.
L’11 ottobre 1989, Vittorio Emanuele fu incriminato, tuttavia, il 18 novembre 1991, dopo tredici anni di processo giudiziario, la Corte d’Assise di Parigi lo assolse dalle accuse di ferimento mortale e omicidio involontario, dichiarandolo colpevole solo di possesso non autorizzato di un fucile M1 Garand. Condannato a sei mesi di reclusione, il principe se l’è cavata anche questa volta con la condizionale. Questo capitolo della storia sembrò chiudersi, avvolto in una fitta nebbia di stratagemmi e privilegi di una classe sociale che sembrava ormai appartenere al passato, quella monarchica, e il senso di impunità che accompagna ogni delitto senza giusta punizione.
Nel 2002, Vittorio Emanuele, Marina Doria e il figlio Emanuele Filiberto fecero ritorno in Italia dopo 57 anni di esilio, ma le sfide non terminarono lì. “Ci sono enigmi irrisolti in questa Italia,” afferma Marina Doria verso la conclusione della terza puntata, quando Vittorio Emanuele fu nuovamente arrestato, questa volta nel 2006 per presunto coinvolgimento nel cosiddetto caso di Vallettopoli (venendo di nuovo assolto).
Dove sta la verità
Beatrice Borromeo Casiraghi ha creato una docuserie coinvolgente, incentrata sull’intreccio tra il potente ricordo e le dichiarazioni di innocenza, nonché il grido di giustizia. Il documentario sfrutta materiale di repertorio, fotografie personali e video amatoriali, ma la sua forza risiede soprattutto nei volti e nelle confessioni dei protagonisti della storia. Ogni parola, sguardo e movimento vengono catturati per suscitare dubbi o conferme sulla veridicità delle testimonianze fornite dai protagonisti.
La narrazione de Il Principe è corale e interessante fin dal primo episodio, con un ritmo incalzante e aperture su antefatti e contesti per dare un quadro completo della vicenda. L’obiettivo è gettare luce sulla storia senza giudicare. Il documentario riesce a fornire tutti gli elementi essenziali per far emergere una storia insabbiata, dimenticata e sconosciuta ai giovani spettatori di Netflix, nonostante la durata relativamente breve di ogni episodio.
Tuttavia, lungo tutte e tre le puntate, permane una fastidiosa sensazione di incompletezza, con alcune domande prive di risposta e alcune risposte che sembrano non rivelare tutta la verità. Se da un lato questa mancanza permette allo spettatore di trarre le proprie conclusioni, dall’altro lascia il pubblico con ulteriori domande e curiosità su dettagli e informazioni non affrontate.
Le ammissioni in carcere e confessioni fuorionda nei minuti finali rischiano di destabilizzare tutto il lavoro fatto ma in realtà servono come ulteriore spunto allo spettatore per farsi carico del proprio giudizio.
Il Principe riesce a intrattenere e coinvolgere gli spettatori, spingendoli a riflettere sulle diverse prospettive della vicenda e sulla verità che potrebbe essere ancora sfuggente.
Rimane l’amarezza nel sentire Vittorio Emanuele affermare di non avere rimorsi riguardo a nessun aspetto del suo passato, nonostante abbia parlato dell’arcinota confessione involontaria intercettata in cella, che ancora oggi nega, ma che potrebbe essere stata in grado di smontare qualsiasi difesa. “Anche se avevo torto… devo dire che li ho fregati. È davvero eccezionale: venti testimoni, e si sono affacciate tante di quelle personalità importanti. Ero sicuro di vincere”.
Anna Chiara Stellato