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How to: modellare la quiete.

Nel recente genere letterario della eco-distopia, un breve ma esaustivo esempio di favola ecologista è Lady Lava, scritto da Diletta Crudeli (Eris Edizioni).

Qui si concentrano due luoghi narrativi – un passato remoto e un futuro prossimo – protagonisti umani ed elementi della natura senzienti, tutti protesi verso la soluzione a proposito della sempre più difficoltosa convivenza reciproca.

La protagonista umana, Daki, è una ragazza che vive in una città non meglio identificata ed è costretta a limitare i suoi spostamenti a causa del surriscaldamento globale; i luoghi di ritrovo sono protetti da scudi solari e proprio il sole è diventato veleno per gli esseri umani, non più in grado di ragionare se esposti per troppo tempo alla luce diretta. Le temperature in costante aumento hanno estinto man mano molti animali e vegetali, tanto che cibi e bevande vengono perlopiù prodotti in laboratori (sì, l’idea iniziale ricorda una variante di Sirene di Laura Pugno. Ed è un’ottima premessa).

A differenza degli altri (pochi) umani con cui si relaziona, la protagonista è attratta dal sole, tanto da trasgredire alle imposizioni esponendosi alla luce diretta durante le ore più calde. E proprio l’insana ricerca di calore la porta a sviluppare una curiosità investigativa quando sui social si vocifera a proposito della presenza di una creatura leggendaria, Lady Lava, ipotizzando persino che sia lei l’artefice dei delitti che si stanno verificando con sempre più frequenza in città. In quel nome, Daki spera di trovare risposte alla sua attrazione per il calore, ma soprattutto qualcuno – umano o meno, non le importa – col quale stemperare la propria solitudine.

Lady Lava però non è soltanto reale: rappresenta una creatura senza tempo, un elemento stesso della natura, una entità che col trascorrere delle epoche ha accumulato rabbia e rancore nei confronti degli esseri umani, diventati via via suoi nemici implacabili e, almeno apparentemente, inarrestabili.

Protezione 100+

Con Lady Lava, la scrittrice si/ci interroga sulla possibilità di recuperare in extremis il rapporto sempre più logoro e sfilacciato che unisce gli elementi naturali con l’essere umano. Il romanzo riesce non solo a trasportare il lettore nel doppio immaginario di Daki e Lady Lava, che prima di incontrarsi raccontano se stesse in due epoche ben distinte, ma, attraverso le descrizioni dello strazio umano per il surriscaldamento, Diletta Crudeli ci prende per mano, abbassa gli scudi solari e sembra volerci far vivere in prima persona le conseguenze del cambiamento climatico.

Il calore insopportabile è infatti da intendersi come terzo protagonista del romanzo, un protagonista che comunica attraverso le allucinazioni indotte dall’esposizione prolungata al Sole.

Il caldo non è solo appiccicoso, è denso, è insolente. Si espande sui campi intorno a loro come melassa calata dall’alto, circonda l’isola refrigerata da nebulizzatori e ventilatori del bar tentando l’assedio, cerca di superare gli scudi. Di giorno sarebbero almeno cinquanta gradi e non volerebbe una mosca. L’aria è esausta. Lei la ama.

La giovane Daki è stranita dalla situazione: la sua è una ricerca intima, pudica; è consapevole che il Sole la distruggerà nella mente e nel fisico, eppure non può fare a meno di accoglierlo, al riparo del giardino di casa.

Man mano che le temperature aumentavano, allontanandosi dalla normalità, e le statistiche si facevano spaventose, lei saliva sul tetto dal lucernario in camera sua, accettava che il sole la colpisse. La frontiera del sole, così l’ha chiamata, è un luogo imbevuto di estasi. Di assoluto vuoto che l’asseconda e l’abbraccia.

Nel suo tentativo di unirsi al vuoto, Daki inconsapevolmente esemplifica la mira autodistruttiva che persegue l’umanità da quando ha intrapreso la strada del progresso. Il vuoto per Daki però non è da intendersi come fine ultimo o come assenza totale, ma punto di inizio verso un qualcosa a lei sconosciuto ma altrettanto indispensabile, una sorta di reset dell’anima. Sa di fare parte degli esseri umani, eppure percepisce il richiamo verso un qualcosa che non riesce a decifrare. È in questo contesto che Daki sente le prime dicerie sulla fantomatica Lady Lava, prima sorridendone (“La prima volta che sente parlare di Lady Lava pensa che quello è un nome davvero scemo”) per poi percepirne l’affinità (“Lady Lava. Così la chiamano. L’ennesima dimostrazione che gli uomini continueranno a creare dei mostri pur di non affrontare la possibilità di qualcosa di diverso”).

L’autrice ci mostra un mondo possibile proprio per la crudeltà umana perpetuata nei confronti del pianeta, della natura e di se stessa.

La sicurezza ha un ventre tenero

Con il personaggio di Lady Lava, Diletta Crudeli traccia nuovi percorsi nella narrativa denominata eco-distopia, in quanto a raccontare il degrado ambientale e le colpe degli esseri umani a tal proposito è direttamente la natura, sotto forma di un elemento primordiale (Lady Lava è da intendersi come una entità distruttrice, un connubio tra Attila e Ifrit). È quindi la natura a parlare, giudice e accusatrice ma restia ad affliggere la pena definitiva, proprio perché unica parte consapevole che ognuno ha un ruolo e un compito preciso per mantenere l’equilibrio globale. O per dirla come Timothy Morton nell’incipit di Dark Ecology:

Tra le cose che la società moderna ha danneggiato c’è sicuramente il pensiero. Sfortunatamente, una delle idee più danneggiate è proprio quella di Natura. Come siamo arrivati a considerare quella che chiamiamo ‘Natura’ come un semplice oggetto che sta ‘lì da qualche parte’? Dobbiamo per forza affidarci a teorie nuove e aggiornate, che poi ripropongono lo stesso concetto, solo in una versione più sofisticata e alla moda? Quando capisci che tutto è interconnesso, non puoi più aggrapparti all’idea di Natura intesa come oggetto solido e unitario: smette di essere una semplice presenza che se ne sta lì, fuori di te.

Si tratta comunque di un equilibrio precario, di uno sbilanciamento che non deriva unicamente dal surriscaldamento (causato comunque dall’incuria e opulenza umana) ma dal progresso (“Quello che gli uomini chiamano progresso per loro equivale a problema”) e soprattutto dal lento e inesorabile allontanamento dell’uomo nei confronti della natura.

La scrittrice utilizza la natura per interrogarci a proposito del nostro rifiutare l’armonia tra elementi del medesimo contesto, non soltanto lasciandoci ascoltare i pensieri di Lady Lava – una figlia della natura – ma mostrandoci la ribellione degli elementi, oramai esasperati dalla superbia dell’essere umano e costretti a contrattaccare per salvaguardarsi (inizialmente, con la costruzione dei primi paesi, i figli della natura trovavano riparo tra boschi e foreste, considerati dagli uomini luoghi pericolosi e magici. Il progredire del progresso fece aumentare lo spazio necessario, a discapito proprio dei rifugi naturali, e ciò che era sinergia tra elementi divenne superstizione: la natura fu costretta a comprimersi). Il tappo sul vulcano – il progresso – diviene insostenibile, ma qui non è un tracollo atomico o un virus a sentenziare il prima e dopo, elemento che accomuna e confonde la maggior parte dei romanzi post-apocalittici con l’eco-distopia. La natura si ribella a noi, anche se per l’essere umano è già ben delineato un presente incontrovertibile e ai limiti della vivibilità, tra costrizioni di movimento e calore venefico.

Il messaggio di Diletta Crudeli non è però totalmente distruttivo, nonostante la frase più potente del romanzo – pronunciata da Lady Lava – porti appresso la calma irreale che precede l’onda d’urto: “Adesso sarà lei a modellare la quiete”. E qui mi interrompo: lascio a te il piacere della scoperta finale.

Che la fine del mondo sia già avvenuta o stia grattando alla porta, i romanzi eco-distopici si interrogano soprattutto sulle risposte del genere umano. «Poter fare qualcosa e poterselo permettere»: così Diletta Crudeli riassume il senso della sua favola ecologica. E a ben pensarci, non esiste messaggio migliore per accomunare lo spirito che pervade questo nuovo genere narrativo.

Luca Pegoraro

Luca Pegoraro

Editor e ideatore della linea editoriale Jeet Write Do. In attesa della frase perduta e di dare il la alla Ballata della Rivoluzione letteraria, gratto la superficie delle parole. Email: lucaskywriter@gmail.com

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