La Universal Pictures è orgogliosa di presentare la prima commedia romantica di una major su due uomini gay che forse, magari, probabilmente, inciampano verso l’amore. Forse. Entrambi sono molto impegnati. Dalla feroce mente comica di Billy Eichner e dalla brillantezza dei registi Nicholas Stoller e Judd Apatow, arriva Bros, una commedia intelligente, sentimentale e sincera sulla ricerca di sesso, amore e romanticismo.
Non sono parole mie: lo dice Rotten Tomatoes, il principale aggregatore di recensioni online, dove Bros (regia di Nicholas Stoller, 2022) ha raccolto l’89% di critiche positive – e il punteggio del pubblico è ancora più alto. Come mai tutta questa pignoleria, vi starete chiedendo. Perché lo so che a sentir parlare di commedia romantica state già storcendo il naso, pensando che il vero cinema sia tutt’altra cosa. Figuriamoci poi se si tratta di una commedia romantica addirittura gay! Dite la verità: non le concedereste mai una chance. Il mio compito sarà proprio quello di convincervi del contrario. Dopotutto, mettetevi l’anima in pace, anche Pretty Woman e Harry, ti presento Sally… hanno fatto la storia, quindi, lasciamo che una coppia di uomini abbia le stesse possibilità.
E adesso, un po’ di contesto: Bobby Lieber (Eichner, che è anche sceneggiatore) è un podcaster e conduttore radiofonico omosessuale, membro di discreta notorietà della comunità LGBTQ+ di New York. È anche curatore del nuovo museo nazionale di storia (ovviamente LGBTQ+, ça va sans dire) della città. Infine, è single. Per scelta, direbbe lui. Come no, diremmo noi, che da spettatori di commedie romantiche quali siamo non ci lasciamo abbindolare facilmente. Bobby è incredibilmente cinico, di quel cinismo che a tratti ti rende simpatico, e a tratti fastidiosamente dissacrante, ed è così che guarda il mondo e le relazioni di coppia. Finché non incontra Aaron (Luke MacFarlane), sexy quanto apparentemente noioso, e il film può finalmente cominciare.
Non perderò tempo a descrivervi il tira e molla che ne consegue: chiunque abbia visto una rom-com sa che l’amore riserva sempre un po’ di ostacoli prima dei titoli di coda – nel nostro caso, tanto per dire, la difficoltà a lasciarsi andare, la rinuncia alla poligamia e la presentazione del partner ai propri genitori. Sono gli irrinunciabili cliché di un genere che segue un arco narrativo sempiterno e immutabile, quello degli opposti che si attraggono e si meritano il lieto fine – e, in fondo, è proprio per questo che guardiamo le commedie romantiche. Ma sorvoliamo pure e dedichiamoci a ben altri cliché.
Per essere un film d’amore, Bros si concentra meno di quanto potrebbe sulla nascente love story tra i due protagonisti. Non soltanto, ma privilegia decisamente uno dei due, a scapito dell’altro: in effetti, il vero protagonista della vicenda è proprio Bobby, mentre Aaron vive (quasi) solo dei momenti trascorsi insieme a lui. Questo perché Bros è consapevole della tradizione che accoglie sulle sue spalle – quella che ha consacrato Julia Roberts, Meg Ryan e Kate Hudson, per dire – ma al contempo lo è anche delle proprie responsabilità, per così dire. Poiché è il primo film del suo genere a tema gay con una grossa distribuzione, sente forse il dovere di parlare anche di altro. E quell’altro sono proprio certi cliché, o motivi ricorrenti che dir si voglia, che Bros ripropone per il gusto di prenderli di mira.
Per esempio, Aaron è il classico bellimbusto palestrato, a suo agio a flirtare nei locali, con molta più familiarità con i propri bicipiti che con un libro, insomma: la sintesi di un omossessuale che t’immagineresti su un carro del pride senza maglia addosso. Invece, Aaron è molto di più di questo, timido, insicuro, frustrato dal proprio lavoro ma incapace di cambiarlo. Dall’altro lato, Bobby è il tipico intellettuale con difficoltà a rimorchiare e a sfilarsi i vestiti di dosso, ossessionato dalla storia e dalle questioni omosessuali tanto da non riuscire a smettere di parlarne, eppure si innamora di un tipo che ignora totalmente ciò di cui parla. Bros si fa beffe di loro e del loro universo, esattamente come deride la promiscuità sessuale (come la goffaggine con cui Bobby si lancia nel sesso di gruppo, o il surreale annuncio da parte di un suo amico di far parte di una troppia, una relazione a tre).
Nel prendersi molto sul serio, Bros non risparmia nessuno dei motivi all’ordine del giorno: il suo target, infatti, è sempre il mondo LGBTQ+, e (quasi) mai quello eterosessuale. Ma è, al contempo, una satira che non sfuggirà neanche agli eterosessuali, poiché in fondo viviamo tutti le stesse cose: in molti siamo passati, per esempio, per la giungla delle app di incontri, che si chiamino Tinder o Grindr non importa, e forse vi sarete arrovellati anche voi per trovare la giusta angolazione da cui fotografare i vostri genitali.
Bros afferra persino l’opportunità di riflettere su (e dileggiarsi dei) film a tema LGBTQ+ che raggiungono il grande pubblico, di quelli in cui l’omosessualità è perennemente ostacolata e il lieto fine puntualmente negato (Milk, Philadelphia, I segreti di Brockeback Mountain, avete presente?). Un po’ come quando Scream elencava le regole per sopravvivere in un film horror. Ma, soprattutto, si domanda come mai a interpretare gli omosessuali siano sempre attori che non lo sono in realtà, per poi capovolgere ironicamente anche questo punto di vista («attori gay che fanno i gay non è recitare»). E, nel mucchio, spara a zero anche sulla deriva del politically correct che rivisita e corregge i trend cinematografici, con assurde riproposizioni dei film di Natale con famiglie allargate poliamorose. Ogni argomento serio trova sempre un contraltare dissacrante, tant’è vero che a prestare volto a personalità LGBTQ+ del passato come James Baldwin, Eleanor Roosevelt e Harvey Milk sono i comici Kenan Thompson, Amy Schumer e Seth Meyers. E alla fine ne esce male persino Debra Messing, l’icona consacrata dalla serie Will & Grace, qui nei panni di una stronzissima versione di sé stessa. Ora, si potrebbe dire che Bros avesse tutte le carte in regola per sfondare al box office alla sua uscita, appena due anni fa, ma così non è stato: colpa di un mix di fattori, tra cui la distribuzione limitata e la concorrenza con altri titoli più forti, oltre a un tentativo di boicottaggio a detta dello stesso Eichner. Volete dimostrare che non è così, e che l’identità sessuale dei personaggi non è un discrimine per voi? Allora andate su Netflix e guardatelo.
Bros è al momento disponibile su Netflix, e in noleggio su Google Play, Apple TV e Amazon Prime Video.
Roberto La Spina
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