Quando succederà – Alberto Marzocchi

«L’ho ordinato.»
«Quando arriva?»
«Mercoledì.»
«Non pensavo lo avresti fatto.»
«Ne abbiamo parlato così tanto…»
È rannicchiato sul fianco, cambia posizione, si mette supino. «E ti spiega come accendere il fuoco nel bosco o a fare dei nodi super resistenti?» domanda.
«Qualcosa del genere.»
Espira a lungo. Per una manciata di secondi è l’unico rumore a riempire il silenzio della camera. Poi passa un’auto solitaria.
«Sei poco convinto.»
Non risponde subito. «Da qualche parte bisogna pur partire» sussurra.
Lei allunga un braccio e gli posa la mano sul petto. «E saper fare dei nodi super resistenti ci può tornare utile in altre circostanze» dice, ammiccando.
La guarda appena, dopodiché torna a puntare gli occhi sulla macchia d’umidità del soffitto: «Non so quanto mi convenga essere legato al letto quando succederà. Ti immagini?».
«Per la verità immaginavo me legata al letto.»
«Fa lo stesso.»
La ragazza sposta la mano. Lui si alza e va nell’altra stanza. Si sente il frigorifero gracchiare. Torna con un bicchiere d’acqua fredda.
«Vuoi un po’?»
Indossa solo un paio di mutande grigie sgualcite. Gli è cresciuta la pancia, mentre le braccia e le gambe sono rimaste magre.
«Ha iniziato a piovere.»
«Davvero?»
«Senti.» E indica fuori, in direzione della finestra.
«È vero.»
La pioggia cade fitta e il vento la fa sbattere contro la tapparella.
«Speriamo faccia scendere la temperatura, non ne posso più di questo caldo» dice lei.
«La alzo?» domanda lui, ancora in piedi, col bicchiere in mano.
«Perché vuoi alzarla?»
«Voglio guardare fuori.»
«Ma è buio.»
«C’è la luce dei lampioni.» Lascia il bicchiere sul comodino e si avvia verso il nastro della tapparella.
«Vorrei che preparassimo gli zaini» dice lei tirandosi su. «È da un po’ che te lo dico, vorrei che lo facessimo.»
Il ragazzo finisce di sollevare la serranda. «Guarda come viene giù.» Ha l’impronta del sudore che corre in verticale lungo gli slip.
«Hai sentito cosa ho detto?»
«Ma dove li teniamo? Quella stronza della padrona di casa non ci dà nemmeno le chiavi della cantina.»
«Gliele hai chieste di nuovo?»
«Sì, qualche giorno fa. Accampa scuse, e non ce le porta. Qui non c’è spazio per tenerli.»
«Ti sbagli. Lì in mezzo, tra i due armadi, lo spazio c’è.»
Si volta verso la finestra e si gratta una coscia: «Non so».
«Cosa non sai?»
«Se continua così, stanotte possiamo fare a meno del ventilatore. Ogni mattina mi sveglio come se un treno mi fosse passato sopra.»
Lei sistema i due cuscini contro la parete e vi appoggia sopra la schiena, sedendosi. «L’altro giorno ho fatto la lista delle cose che ci servono.»
«Ancora?»
«È la prima volta che la faccio.»
«Costa troppo. E non abbiamo spazio dove metterli.»
«E così vuoi farti trovare impreparato? Non c’è bisogno che compriamo tutto subito. Possiamo fare poco alla volta. Ti va di sapere cosa ho scritto?»
Lui fa un gesto con la mano e lei gli elenca ciò che avrebbero dovuto comprare. Ogni zaino deve avere lo stesso contenuto: torcia, coperta termica, scarpe da trekking, fischietto, vestiti di ricambio, medicine e kit di primo soccorso, accendino, coltello multiuso, acqua, scatolette di cibo, cellulare carico con batteria di scorta, radio.
«E per te un paio d’occhiali da vista in più.»
«E dove li vado a prendere?»
«Non hai quelli vecchi?»
Lui ci pensa: «Sì, forse da qualche parte. Ma il fischietto a che ci serve? Ed è necessario prendere due cellulari? Voglio dire, ne basta uno».
«No, i due zaini devono essere identici, lo sai.»
«Costa troppo, tutto.»
La ragazza sbuffa forte dalla bocca, stringe a sé le gambe e appoggia il mento sulle ginocchia. Lui ha la fronte sul vetro della finestra. È caldo.
Un boato li fa sobbalzare.
«Ho visto il lampo» urla lui. «Dev’essere caduto qui vicino.»
Dalla strada le auto parcheggiate mandano in aria la loro cacofonia di clacson e sirene. Lei corre alla finestra: «Pazzesco!».
«Mai vista una cosa così.»
Restano col naso appiccicato al vetro a osservare la tempesta che scuote gli alberi e fa ruzzolare i rifiuti lungo i marciapiedi. Piove così forte che sul ciglio della strada si sono già create le prime pozzanghere.
«E se succede, dove andiamo?» domanda lui.
«In che senso?»
«Dove scappiamo.»
«La città non è sicura.»
«No, non lo è.»
«Io dico vicino alla costa, al mare.»
«Hai presente l’uomo e il bambino di McCarthy? Lui non fa una bella fine quando raggiungono la costa.»
«Ma che c’entra.»
«Io dico in montagna. E so anche dove.»
«Mi sembra un’idea di merda, in montagna d’inverno si crepa di freddo.»
«La multiproprietà di mio zio.»
Lei stacca gli occhi dalla finestra e si allontana, va verso la scrivania ma poi torna indietro: «Hai le chiavi?».
«No.»
Un secondo tuono, ancora più vicino, rimbomba tra le pareti. Lui abbassa istintivamente la testa, lei caccia un urlo; lo raggiunge e gli stringe un braccio: «Fattene dare una copia».


Alberto Marzocchi è nato e cresciuto in montagna, ma vive in città. Vuole scrivere storie inventate, ma gli tocca occuparsi di storie vere per un giornale. Gira sempre con un fazzoletto di stoffa nella tasca sinistra dei pantaloni. 


L’illustrazione che accompagna il racconto è del fumettista Claudio Marinaccio.

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