Quando le amiche dormono insieme nessuno si chiede che rapporto ci sia fra di loro: sono amiche. Non diventa argomento di discussione, non si ammicca al pensiero. Se le amiche dormono insieme, c’è ogni volta un motivo piccolo, insignificante, che appare tuttavia ineluttabile. C’è un concerto, vanno insieme; macchina di una e letto dell’altra, non si guida di notte ubriache e il letto dell’altra è più vicino. Questo è un motivo talmente evidente da non richiedere spiegazioni, e se ne potrebbero elencare molti altri simili, a cominciare dalle distanze. Il ritorno a casa si allunga nella mente e appare tortuoso via via che passano le ore. Si beve fuori, si dorme insieme. Si beve a casa, si dorme insieme. Si beve con amici, a una festa o a ballare; si dorme insieme, in letti separati e vicini o più spesso nello stesso, e a lungo nel buio le amiche ripercorrono a voce bassa gli eventi della serata, ridono, parlano fino a che non si addormentano.
Ci sono diversi gradi di conoscenza di un’amica; uno dei più approfonditi è l’odore. Non bisogna essere particolarmente sensibili per accorgersi di quanto le amiche profumino. Le docce sono frequenti e la pelle morbida emana odore di lavanda, shampoo, deodorante, pulito. Odori tipici di sfondo che nascondono, fino a un certo punto, le note più aspre. Cambiano le lenzuola per accogliere l’altra e nell’aria si espande un sentore di detersivo. Così, aver imparato a riconoscere l’odore di lei e non di un’altra diventa un segno di prossimità, testimonia le numerose notti passate insieme e le tracce che lasciano. Molte di loro concentrano riti particolari attorno al proprio letto che inevitabilmente le amiche rispettano. Si lavano con cura prima di avvicinarsi alle coperte e indossano i pigiami puliti forniti dalle amiche. Pantaloncini, magliette, calzini, mutande. All’uscita dal bagno di rientro nella stanza posano l’asciugamano pulito, utilizzato, piegato su un ripiano dell’armadio senza fare rumore e si infilano nel letto. La mattina dopo, lasciano il pigiama piegato in un punto del letto, non in mezzo, non nell’angolo, ma in un punto qualsiasi. L’insignificanza di questo punto è degna di nota, perché l’amica vi ricostruisce facilmente, a ritroso, un gesto accurato. Lei è andata via e tutta la stanza ha il suo odore.
La saliva non desta sorpresa fra amiche; anche questo è un indizio importante. Si passano la bottiglia di vino bianco e bevono con le labbra attaccate al vetro caldo. La luce scende attorno al lago prima del concerto, l’aria umida e polverosa si incolla alla bocca. Mangiano pizza rossa comprata al supermercato, ridono a bocca aperta mentre masticano. La pizza sa di pane, pomodoro e saliva. Due amiche così non hanno paura di baciarsi qualche volta. Non lo fanno tanto per esercitarsi, anche se fanno finta che sia per finta. Le loro bocche sanno di fumo e di vino caldo, sono acide e fruttate, sanno di carta bruciata e dell’odore dell’erba. Più tardi useranno lo stesso spazzolino: sapore di menta e di chiuso, stantio. Si mescolano anche mentre si lavano, e a volte viene il dubbio che vogliano essere una.
Anche gli occhi diventano qualcosa di diverso, qualcosa che tocca invece di vedere. Parlano delle loro storie, ridono perché vanno male. Si guardano negli occhi e qualcosa le distoglie prima che una parola riesca a uscire. Seguono il racconto dell’altra e nel frattempo si osservano, sei bella, sei bellissima. Si spingono a vicenda a superare dei limiti, scambiano sguardi carichi di intesa e di sfida. Al parco la bottiglia finisce e si avviano verso il palco. Nella calca l’aria si riempie di polvere, si suda, ci si sporca. Si salta, si balla. L’amica profuma, profuma, odora, respira. Lei guarda qualcuno e l’amica la spinge ad andargli incontro. Balla con quell’altro mentre continua a guardarla, e lui non sa che è soltanto un gioco fra amiche. Si baciano. Sotto lo sguardo dell’amica, una fra tutti, i loro corpi assumono consistenza, diventano solidi e impenetrabili. Le mani scorrono su una superficie resistente, l’occhio si muove a fatica a inseguirle, inciampa di continuo sui dettagli. L’amica guarda, è guardata, si guarda. Più tardi, nel letto, non si guardano, e parlano, parlano per ore.
La voce, in assenza di volto, si allarga nel buio e perde i connotati. Potrebbe essere la sua, o forse no. Nel silenzio delle lunghe pause la sente risuonare come una cantilena familiare a cui si attacca, a cui si rivolge per avere consiglio e per parlare a sé stessa. La voce dell’altra è in tutto come la propria: imprevedibile, amica, estranea.
Lidia Noviello è laureata in filosofia. I suoi interessi spaziano dalla letteratura, alla psicologia, alla fantascienza, all’etnologia. Vive a Roma, dove studia e lavora.
L’illustrazione che accompagna il racconto è di Adele Bilotta.
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