Donne al centro: la rivoluzione di Diamanti di Özpetek

Ferzan Özpetek torna al cinema con Diamanti, un film che segna un’importante evoluzione nella sua filmografia, invitandoci a guardare oltre i consueti schemi e pregiudizi, e mettendoci di fronte a un’opera più matura, introspettiva e corale.

Diamanti non è un semplice film sul dietro le quinte del cinema, ma un affresco complesso e sfaccettato del mondo femminile, visto attraverso gli occhi di un gruppo di costumiste alle prese con una produzione cinematografica. Özpetek, con la sua consueta maestria, crea un microcosmo ricco di tensioni, passioni, amicizie e rivalità, dove ogni personaggio è un tassello fondamentale di un mosaico più ampio.

Diamanti è un’opera che non lascia indifferenti, polarizzando inevitabilmente il pubblico. Per apprezzarlo appieno, bisogna accogliere alcuni presupposti fondamentali e calibrare le proprie aspettative. Il film abbonda di elementi melodrammatici, esprimendo tutta la carica emotiva tipica del regista. Chi non si lascia conquistare da questa intensità rischia di percepirne la struttura narrativa come troppo ricca o forse confusa. Inoltre, non si tratta di una semplice storia corale, ma di una narrazione sfaccettata e multidimensionale. Ogni personaggio si presenta con una propria tessitura narrativa, come gemme dalle molteplici facce. Queste figure femminili (Luisa Ranieri e Jasmine Trinca su tutte) brillano di riflessi emotivi distinti e unici. Pur non approfondendole nel dettaglio, il regista riesce a delinearle con tocchi rapidi e ispirati, dando loro vita in un quadro che richiama l’impressionismo. Chi si aspetta una trama tradizionale o una struttura lineare potrebbe rimanere deluso, ma il segreto è approcciarsi al film senza preconcetti.

Diamanti spicca per la raffinatezza della sua costruzione, attingendo ai tratti più iconici dello stile del regista. Abbandona le rappresentazioni femminili stereotipate a favore di personaggi attraversati da sentimenti e dolori profondamente personali. Özpetek dimostra grande sensibilità lasciando che le protagoniste diano forma ai propri ruoli. Ogni attrice, scelta con notevole acume (e sono tante, tantissime: Geppi Cucciari, Lunetta Savino, Anna Ferzetti, Mara Venier, Milena Mancini, che a elencarle tutte si finisce domani) riesce a modellare il proprio personaggio in modo autentico, portandolo sullo schermo con una libertà creativa che arricchisce l’opera. Le attrici, quasi tutte già presenti in precedenti film del regista (come Nicole Grimaudo, Kasia Smutniak, Milena Vukotic e Paola Minaccioni), offrono performance intense e autentiche, dando vita a donne forti, fragili, complesse, che si confrontano con le proprie paure e i propri desideri.

Con Diamanti, il regista torna a celebrare le sue muse, catturandone la singolarità. La regia di Özpetek è precisa e raffinata, capace di bilanciare momenti di grande intensità emotiva con sequenze più leggere e ironiche. La fotografia è curata nei minimi dettagli, creando un’atmosfera elegante e sofisticata che avvolge lo spettatore. La pellicola rende così omaggio alla settima arte, intrecciando storie e frammenti emotivi attraverso l’eleganza dei costumi e la maestria sartoriale che trasforma il tessuto in racconto.

Özpetek ci invita a riflettere sul ruolo della donna nel mondo del cinema, sia davanti che dietro la macchina da presa, e sulla necessità di superare gli stereotipi e le etichette.

Se in alcune opere precedenti, come Harem Suare e Le fate ignoranti, il regista ci aveva abituati a un melodramma intenso e passionale, dove le vite delle protagoniste femminili erano spesso travolte da eventi drammatici e passioni travolgenti, in Diamanti assistiamo a un’evoluzione significativa. Özpetek mantiene inalterata la sua attenzione per l’universo femminile, ma lo esplora con una lente più introspettiva e matura. I personaggi femminili, qui, non sono più solo vittime delle circostanze, ma donne complesse e multisfaccettate, alle prese con le sfide della vita e del lavoro.

L’atmosfera del film, pur rimanendo ricca di emozioni, è più contenuta e riflessiva. Özpetek sembra voler scavare più a fondo nella psicologia dei suoi personaggi, analizzando i loro rapporti interpersonali e le loro ambizioni con una delicatezza e una profondità inedite.

 Le donne sono inquadrate con grande cura, spesso in primi piani che ne evidenziano le espressioni e le emozioni. Gli uomini, al contrario, appaiono più sullo sfondo, quasi come figure secondarie. Questa scelta stilistica sottolinea ulteriormente il desiderio del regista di porre al centro della narrazione l’universo femminile. Diamanti è un film che, se accolto con apertura, può toccare le corde più profonde. Un inno al cinema nella sua essenza più pura e autentica.

Anna Chiara Stellato

Giovane napoletana laureata in lettere, da sempre innamorata della sua città, del dialetto e della storia di Napoli. Lettrice compulsiva, appassionata di cinema d’autore e di serie tv. Sorrido spesso, parlo poco e non amo chi urla.

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