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Emilia Perez, il film più problematico dell’anno

In attesa di scoprire quale sarà il film dell’anno ai premi più prestigiosi del mondo, abbiamo intanto il titolo per quello più controverso del 2024: signore e signori, ecco a voi Emilia Perez. L’opera di Jacques Audiard, presentata all’ultimo Festival di Cannes – dove aveva vinto il premio della giuria e per la miglior interpretazione femminile per ciascuna delle attrici principali – si era affacciata alla stagione dei premi a testa alta: dieci nomination ai Golden Globe (vincendone quattro), e tredici agli Oscar – un record, quest’ultimo, eguagliato o superato soltanto da altri quattordici film nella storia dell’Academy. In entrambi i casi, però, Emilia Perez si era già portato a casa un primato: quello di essere il film non in lingua inglese col maggior numero di nomination di sempre.

Insomma, sembrava che nel corso delle ultime settimane dovesse prendersi tutto ciò che c’era sul tavolo. Poi, improvvisamente, a pochi giorni dall’inizio del 2025, il caos. Gli interpreti, il regista, le loro vite personali e pure certi aspetti intrinseci del film sono finiti tutti nel mirino di pubblico e critica, e in un attimo il film favorito nella corsa agli Oscar è diventato un piacere di cui vergognarsi. Ma cos’è successo, esattamente? Proviamo a ripercorrere insieme le motivazioni.

Il Messico, la lingua e il paese

Alcune delle critiche principali rivolte al film fin dall’inizio riguardano la rappresentazione inadeguata della nazione e della cultura messicana, dalla reiterazione di cliché all’uso improprio della lingua spagnola. Molti hanno notato con disappunto, per esempio, che nessuna delle tre attrici principali è messicana (Karla Sofia Gascón è spagnola, Zoe Saldana e Selena Gomez statunitensi, e pazienza se Adriana Paz, anche lei premiata a Cannes, invece lo è). Non solo, perché pare che anche il loro accento non fosse particolarmente accurato, e la loro dizione al limite del ridicolo. Qualcuno, su X, si è divertito a immaginare che i dialoghi siano stati scritti da Google Translate. Il risultato? Un film ambientato in Messico senza interpreti messicani nei ruoli da protagonisti, girato in Francia, da un regista che non parla spagnolo. Siamo all’eterna questione se un attore possa rappresentare una nazione che non sia quella di sua appartenenza: ricordate le parole di Favino a proposito di Ferrari? Ecco, non ne siamo ancora venuti a capo.

Le protagoniste del film col regista

La questione della lingua non è la sola ad aver fatto infuriare i messicani. Emilia Perez racconta di un narcotrafficante multimilionario (o miliardario) che, decidendo di sottoporsi a un processo di riassegnazione del sesso, decide anche di cambiare vita. E così diventa un’attivista impegnata nella ricerca e l’identificazione dei corpi delle vittime dei cartelli. Traffico di droga, corruzione, criminalità dilagante, persone scomparse: sono temi all’ordine del giorno nella cronaca messicana, che Emilia Perez ha la colpa, secondo alcuni, di aver trattato troppo superficialmente. Con l’aggravante di aver infarcito narrazione e canzoni di cliché: Mezcal, guacamole, chimichanga e quant’altro vi possa venire in mente.

Sembra di ricordare le polemiche sul racconto di Napoli come teatro esclusivo della camorra all’epoca della serie Gomorra. Ma nessuno, o quasi, si è soffermato sul fatto che in realtà questo non è un film sui narcotrafficanti, e dove il contesto diegetico è propedeutico alla metafora del cambiamento. Ma, forse, a dare fastidio è stato semplicemente il fatto che a raccontare il lato oscuro del paese sia stato che messicano non è.

C’è chi se l’è presa proprio con Selena Gomez. L’attrice, record di followers sui social, ha pubblicato un video in cui si è ripresa in lacrime per la politica anti-immigratoria di Trump e la deportazione di massa dei suoi “connazionali”. Il problema, però, è che Gomez è di discendenza messicana, sì, ma nata negli Stati Uniti, e la sua vicinanza agli immigrati è stata percepita come non del tutto autentica. Qualcuno, in risposta a quel video, ha insinuato che stesse piangendo per via della sua performance ridicola nel film.

Le posizioni di Jacques Audiard

Di certo, le dichiarazioni di Jacques Audiard non hanno giovato alla causa. In un’intervista, il regista francese ha ammesso di non essersi documentato più di tanto sul paese in cui aveva ambientato la sua storia. In un’altra ancora, ha affermato che lo spagnolo è la lingua di nazioni economicamente modeste, di poveri e migranti – e questo in un clima già surriscaldato per la faccenda della lingua di cui sopra. Audiard si è scusato, ha ritrattato, sostenendo che le sue parole siano state estrapolate dal contesto, e forse ha ragione, forse no: sta di fatto che la sua presenza in Messico è sempre meno gradita, se si è visto costretto ad annullare alcune sue partecipazioni a eventi pubblici nel paese. Intanto, il Messico non è stato a guardare: a gennaio di quest’anno, su YouTube è stato distribuito Johanne Sacreblu. Ovvero, la risposta locale a Emilia Perez. Trattasi di un cortometraggio scritto da Héctor Guillén e diretto da Camila Aurora González (loro sì messicani), che prende di mira e parodia il soggetto del film di Audiard, traslandone la storia in Francia ma scegliendo deliberatamente di girarla in Messico con un cast messicano. E, ça va sans dire, farcendola di stereotipi a profusione.

Una protagonista discutibile

E veniamo a Karla Sofia Gascón, un tempo il punto di forza del film, adesso il suo tallone d’achille. L’attrice, già premiata a Cannes e agli European Film Awards, è stata bersaglio di critiche sotto svariati fronti: per tutto quanto già detto finora, ma anche per la questione legata alla rappresentazione dell’identità transgender, e per certe sue esternazioni poco felici.

Innanzitutto, torniamo un attimo alla storia dei messicani non-messicani. Nonostante Gascon abbia vissuto in Messico per molti anni, e la sua filmografia annoveri titoli perlopiù messicani, neanche lei viene perdonata per aver dato voce e corpo a un personaggio che non sia della sua terra di nascita. E, a proposito di corpi, la comunità transgender sostiene che il ritratto che ne offre Emilia Perez sia inesatto e offensivo (stereotipato, inutile dirlo) e che ci porti tutti un passo indietro.

In ordine sparso, citiamo: il figlio di Emilia che le dice che odora come un uomo, la semplificazione del processo di transizione e la sua ridicolizzazione in termini («dal pene alla vagina»), la pretesa di associare questa transizione a un rinnovamento morale invece di prenderla per quel che è. Cambiare il corpo cambia l’anima, dice il personaggio di Saldana all’inizio del film. Beh, possiamo vedere che non è affatto vero. E alla comunità queer quest’associazione, seppur in cuor di metafora, non è piaciuta.

Come se non bastasse, lo scorso mese sono emersi alcuni post controversi che l’attrice avrebbe pubblicato sul suo profilo X nel corso degli anni. L’elenco di ciò che è rientrato nel suo mirino è enorme. Anche qui, citiamo in ordine sparso: l’islamismo, George Floyd, il cristianesimo, la Cina, gli Oscar stessi. Impossibile riportare qui il contenuto di ogni singolo tweet. Possiamo però dire che, mentre alcune esternazioni sono effettivamente tacciabili di razzismo – vedi quelle sulla Cina – ce ne sono altre che sono finite nel calderone per il semplice fatto di aver toccato temi caldi. Certamente, una colpa Gascón ce l’ha: non si può ridurre un concetto complesso a un proclama di poche lettere, e non si può esprimere un’opinione delicata in termini violenti. È l’abc dei social media, anzi, di più, di tutta la comunicazione, e astenersi dalle offese dovrebbe essere un mantra.

All’attrice non è rimasto altro da fare che cancellare il proprio account, fare pubblica ammenda e rilasciare una lunga intervista alla CNN spagnola in cui si cospargeva il capo di cenere. Ma nessuna delle sue scuse è sembrata sufficientemente sincera. Netflix ha risposto rimuovendo Gascón dalla sua campagna promozionale per il film, rinunciando a portarla in giro agli eventi che contano e cancellandola dalla locandina. Risultato: ai premi Goya dello scorso 8 febbraio l’attrice non si è vista. Ed è fortemente in dubbio anche la sua presenza ai prossimi Oscar. Certamente, appare chiaro che ormai non abbia più chance di vincere. E il film che fino  a poco fa si presentava come il candidato ideale alla vittoria sembra condannato a restare a bocca asciutta.

Andrea Vitale

Andrea Vitale

Napoletano di nascita, correva l'anno 1990. Studia discipline umanistiche e poi inizia a lavorare nel cinema. Nel frattempo scrive, scrive, scrive sempre. Ama la musica e la nobile arte delle serie tv, ma il cinema è la sua prima passione. Qualunque cosa verrà in futuro, non abbandonerà la penna. Meglio se ci sia anche un film di mezzo.

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