C’erano un allenatore, un giornalista e un bomber. Il nuovo romanzo di Bacchilega
Vivace, sarcastica, fuori misura, la scrittura di Davide Bacchilega (1977) non passa certo inosservata nel panorama della nuova letteratura italiana. Ormai veterano – alla terza pubblicazione – della collana “i jackpot” di Las Vegas edizioni, Bacchilega presenta ai lettori un nuovo romanzo condito di genuina provocazione, La più odiata dagli italiani (2017). Se, come ricorda l’autore nell’epigrafe al testo, Wiston Churchill diceva che “Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre.”, allora possiamo star certi che in questo romanzo si parla di calcio. E se si parla di calcio, la “più odiata dagli italiani”, non può che essere uno dei club più titolati della storia calcistica italiana: la “Fottuta Signora” a strisce bianco-nere.
Non si parla mai di “Juventus”, non ci sono nomi e – come recita la formula – ogni riferimento a cose e persone è puramente casuale… o forse no!
(In effetti, se il bomber della squadra è un certo “Alex”, che vive sulla collina torinese, che si svende a fare pubblicità e che gioca in nazionale, anche se il cognome nella finzione romanzesca risulta “Rambaldi”, non sarà molto difficile per chi che sia comprendere il riferimento “puramente casuale”).
C’erano un allenatore, un giornalista e un bomber. Il mondo del calcio è raccontato da Bacchilega attraverso le esperienze di un gruppo di personaggi legati a un eroe principale: l’allenatore con le mani in pasta – come da tradizione – Vincenzo Sarti. La storia prende le mosse il giorno in cui Sarti, già allenatore del Bologna, riceve una non disdegnabile offerta da parte di una delle società sportive più rinomate d’Italia: “La Fottuta Signora Football Club” di Torino, la più odiata dagli italiani.
Già noto alla stampa per un caso di corruzione nel mondo calcistico – battezzato “Babà al ragù”, per le regioni d’origine dei coinvolti – Sarti non è certo uno stinco di santo e il suo momento d’esitazione sul da farsi non dura a lungo. Abbandonare la propria squadra per passare sotto il comando dell’arcinemica torinese? Basta un veloce giro di pareri tra amici e familiari, perché l’allenatore decida, infine, di accettare la proposta del Presidente della Fottuta Signora.
Che cosa riserverà il cielo “tragicamente sgombro” del capoluogo piemontese all’allenatore romagnolo? Quale sarà la reazione dei suoi vecchi fan, gli ultras rosso-blu del Bologna? Riuscirà a tenere le redini della squadra più odiata dagli italiani?
Attorno a Vincenzo Sarti si diramano le storie di Maicol Cammarata, giornalista di OmniSport, che lavora all’inserto estivo Sport & Vacanze – “altrimenti soprannominato dal colleghi Tette & Mignotte” -, e quella di Alex Rambaldi, bomber della Fottuta Signora, fashion-blogger e vittima della macchinazione mediatica operata dalla mamma-manager per tenerlo sempre in prima pagina.
La prosa di Bacchilega è intelligente, va in un’unica direzione e ha un ritmo veloce, anche troppo veloce, a perdifiato. Leggendo i suoi romanzi si ha l’impressione che le parole rotolino sulla pagina come una biglia su un piano inclinato, o che vortichino come un atleta che fa un doppio salto mortale in sospensione. Tra le righe si ride, si ironizza, si riflette, si cerca il riferimento. Lo scrittore romagnolo non manca di fantasia, né di competenza, ma talvolta agisce senza troppa misura.
È il caso delle ripetizioni. Una delle caratteristiche che rendono la prosa di Bacchilega interessante, sono delle formule, dei binomi o polinomi che si ripetono sempre uguali per definire lo stesso soggetto o la stessa scena. Ad esempio “La Fottuta Signora Football Club” ogni volta che si parla della squadra, oppure “La mole compatta e pelosa di Nino Petrella” per tutte le volte in cui tale Nino viene tirato in ballo, e tanti altri casi simili. È un escamotage che crea una sorta d’intesa con il lettore che, senza dubbio, definisce uno stile, ma a volte diventa eccessivo e perfino noioso:
«Non mi sono piaciuti affatto i tuoi articoli sulla partita di Bologna» dice Giulio Ondeggia a Maicol Cammarata[..]. «La squadra ha giocato in modo ignobile e le tue critiche sono state troppo indulgenti» dice Giulio Ondeggia a Maicol Cammarata. «Non hai evidenziato analiticamente le lacune tattiche della formazione messa in campo da quell’idiota» dice Giulio Ondeggia a Maicol Cammarata. «In qualche passaggio della tua cronaca sembrava addirittura che giustificassi l’orrenda prestazione» dice Giulio Ondeggia a Maicol Cammarata. «E questo è il meno» dice Giulio Ondeggia a Maicol Cammarata. […]
Continua così fino alla fine della pagina successiva. È innegabile che questo tipo di scrittura tirata per lunghe diventi stancante e monotona, ma – fortunatamente – non sono che brevi parentesi del romanzo.
Un ultimo appunto sullo stile – positivo o negativo, dipende dai gusti dei lettori – una sotterranea eco benniana. Sarà per la comune origine romagnola, ma i due autori trattano la letteratura con la stessa sfacciata ed esuberante ironia, maneggiano la scrittura con disinvoltura e non esitano a creare originali e rocambolesche architetture stilistiche. Ma quali che siano le sue influenze e i suoi precedenti nel panorama della letteratura italiana, Bacchilega è un autore che merita di essere scoperto. La più odiata dagli italiani è il romanzo in cui lo stile dell’autore si definisce con maggiore chiarezza e a cui – anche se si conosce già Bacchilega – si può trovar posto negli scaffali delle nostre librerie.
Anna Fusari