Yondr: la startup che ha dichiarato guerra agli smartphone
Un muro di smartphone illuminati protesi verso l’alto che rende impossibile la vista del palco – se non attraverso lo schermo del dispositivo più vicino – durante l’esibizione della band preferita: è questo lo scenario più ricorrente al quale deve assistere lo spettatore di un concerto nel terzo millennio. O meglio, lo spettatore che ha voglia di godersi appieno lo show senza l’ossessione di testimoniare l’esperienza per condividerla con gli amici dei social. Dopotutto sono numerosi gli artisti che di recente si sono schierati contro l’utilizzo dei telefonini ai loro concerti, unendosi in una vera e propria crociata anti-smartphone. «Sono qui dal vivo, questo non è un dvd. Ci sono un sacco di persone che non sono riuscite ad entrare là fuori, goditi lo spettacolo!» sono le parole della popstar britannica Adele rivolte a una fan che la stava filmando durante un suo concerto all’Arena di Verona.
Ma se qualcuno ha già provato con le “buone” a invitare il pubblico a vivere lo spettacolo del live senza il filtro degli apparecchi mobili, c’è chi ha deciso di passare alle “maniere forti”: il cantante e chitarrista americano Jack White, infatti, ha deciso di proibire agli spettatori l’uso degli smartphone nei concerti del suo prossimo tour. Non si potranno usare «dispositivi per fare foto, video o registrazioni audio» per garantire «un’esperienza senza telefoni, al cento per cento umana». Per rendere possibile tutto questo, White si affiderà a Yondr, una startup made in Portland le cui piccole sacche sigillano i telefoni e li tengono lontani dalle dita e dagli occhi dei loro proprietari. Una volta bloccati, i dispositivi rimangono inutilizzabili e posso essere riaperti soltanto in un’apposita area dove vengono liberati dalle loro minuscole prigioni grazie a una base speciale di sblocco che sfrutta un sistema simile a quello anti-taccheggio utilizzato nei negozi di abbigliamento. Per permettere comunque al suo pubblico di condividere sulle piattaforme social le foto e i video dell’evento, White ha garantito che i suoi show saranno fotografati e ripresi dal fotografo ufficiale che pubblicherà tutto sul sito e sull’account Instagram.
Yondr è una startup fondata da Graham Dugoni, 31enne giocatore di football con la passione per Kierkegaard, nata da un’idea semplice – come lo sono tutte le idee geniali. Nel 2012 Dugoni, durante un festival musicale a San Francisco, assistette ad un episodio che lo turbò: un uomo ballava in maniera disinibita, perso completamente nel momento e alcuni estranei, pensando che fosse divertente, lo filmarono e caricarono il video su YouTube a sua insaputa. Quell’intimità di gruppo che tradizionalmente le persone in festival del genere condividevano tra loro e alla quale in passato i non presenti non avrebbero mai potuto accedere era spazzata via dal fatto che ognuno possedesse uno smartphone. Dopo essersi chiesto, allora, quale fosse il livello di privacy che ci si dovrebbe aspettare in pubblico, Dugoni decise che era ora di abbandonare il telefono.
Da quando è partita nel 2014 la startup, centinaia di migliaia di sacchetti in neoprene sono stati utilizzati in Nord America, Europa e Australia. L’ex leader dei White Stripes, infatti, non è stato l’unico a sposare la causa di Yondr: prima di lui lo avevano utilizzato per i loro show Alicia Keys, Donald Glover, i Guns N’ Roses e i The Lumineers, ma anche alcuni stand up-comedians come Louis CK e Chris Rock. Il celebre comico americano Dave Chappelle, il primo a scoprire Yondr nel 2015, l’ha utilizzato per il suo tour, inaugurando la “no-phone zone”, uno spazio in cui sentirsi a proprio agio ed essere più onesto con il pubblico, sapendo che lo spettacolo è “protetto”. Attualmente i sacchetti di Yondr sono utilizzati in più di 6oo scuole americane. Alla San Lorenzo High School in California i risultati sono stati sbalorditivi: i voti sono aumentati e problemi di disciplina precipitati. «Il campus è davvero rumoroso ora», ha dichiarato la preside Allison Silvestri, «gli studenti interagiscono, parlano tra loro, leggono, giocano a calcio, socializzano – perché non stanno più in cerchio a mandarsi messaggi tra di loro».
L’idea di Dugoni potrebbe suscitare disappunto in chi si vede costretto a blindare il proprio telefono e a non avere la libertà di documentare quello a cui sta assistendo, ma in realtà rappresenta il primo passo verso una rivoluzione necessaria, perché destinata a combattere quella che è diventata a tutti gli effetti una moderna patologia: la nomofobia (letteralmente “no-mobile-phone phobia”), ovvero la paura sproporzionata di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile. È senza dubbio ingiusto considerare l’utilizzo dello smartphone come qualcosa di esclusivamente dannoso, ma per far sì che si realizzi un mutamento nell’etichetta sociale riguardo al suo uso è necessario riconoscere che la perenne connettività sulla quale si fonda non è al servizio di nessuno scopo reale, ma è soltanto una mera abitudine che sposta più avanti i confini dell’assurdo. Diventando connessi con tutti gli altri finiamo per non trovarci mai lì dove siamo in realtà. La soluzione è semplice allora e la suggerisce proprio la home page del sito di Yondr: “Be here now”. Stai qui. Ora.
Valerio Ferrara