Racconto: Mia mamma litiga con il navigatore – Luca Giommoni
La Giannotti questa volta si dimostrò irremovibile. Aveva già aperto il registro, fatto scorrere con il dito la lista dei nomi fino a trovare quello giusto e tolto il cappuccio alla penna. Quest’ultimo gesto, in particolare, aveva gettato in apprensione Camilla: quando la Giannotti sfoderava la penna, a breve, sarebbe arrivata o un’insufficienza o una nota, lo sapevano tutti. Voti belli non ne scriveva mai, per una sua sadica ideologia nel tenere gli alunni sempre sulle spine.
− Ho la giustificazione, − azzardò Camilla, alzando la mano che impugnava il libretto. − È di mia mamma, − precisò con un tono di voce appena più alto per dissuadere la Giannotti a deliberare la pena.
La professoressa appoggiò la penna sulla scrivania, a mo’ di monito, e invitò l’alunna ad avvicinarsi. Dal resto della classe emersero dei risolini, subito ammoniti dallo sguardo poco amichevole della Giannotti.
− È la quarta volta che entri in ritardo questa settimana, − esordì la professoressa in modo inaspettatamente benevolo. − Una volta il traffico, un’altra un incidente, vediamo cos’è successo oggi, − proseguì con il suo solito e più appropriato tono subdolo.
Camilla mise la giustificazione sotto gli occhi indagatori della Giannotti. Ripensò a quando sua mamma, quella mattina, con variegate gore di sudore sulla maglietta e con uno stress in contrasto con la bellezza di una mamma giovane, si era preoccupata di prenderle il libretto e, appoggiandosi sullo sterzo, ci aveva scarabocchiato sopra senza stare troppo a pensare per poi restituirglielo, esortandola a sbrigarsi. Camilla, avviandosi verso l’ingresso della scuola, aveva aperto il libretto e sbirciato cosa ci fosse scritto. Sapeva già che quella giustificazione le avrebbe causato dei problemi, ma sotto la minaccia della penna senza cappuccio della Giannotti aveva deciso lo stesso di usarla. Era entrata quaranta minuti dopo la campanella.
− “Se non avessi voluto dimostrare al navigatore di essersi sbagliato, mia figlia Camilla sarebbe arrivata in perfetto orario” leggo bene? C’è scritto così, no? − domandò la Giannotti.
Camilla annuì.
− Questa è la calligrafia di tua madre? − chiese scrutando in maniera certosina ogni lettera.
Camilla disse di sì.
Dai banchi in fondo qualcuno trattenne a stento una risata. Gli occhi della Giannotti si fecero subito ancora più austeri. Una rapida occhiata in giro alla ricerca di colpevoli, poi ributtò tutta la sua attenzione su Camilla. − Come la mettiamo, signorina?
Camilla fissava il pavimento.
− Come tua madre, inizierò anche io con un periodo ipotetico, − disse la Giannotti, dopo un breve silenzio. − Se questa giustificazione fosse una prova di fantasia, meriterebbe un buon voto, − scandì con un aborto di sorriso sulle labbra, cercando lo sguardo dell’alunna per farle capire che il tempo delle ipotesi era terminato. − Ma dato che non lo è, e dato che, Camilla, non credo proprio che questa giustificazione l’abbia scritta tua madre, la tua fantasia ti condurrà, per il momento, soltanto nell’ufficio del preside, con una nota sul registro.
Camilla, con la confusa dialettica di chi è innocente ma deve lo stesso difendersi, cercò di ribattere. − Ma professoressa, − esclamò cercando di frenare le lacrime. − È vero! Mia mamma litiga con il navigatore. Capita quasi tutti i giorni. Da quando papà se n’è andato, mia mamma dice di sentirsi molto sola, molto stanca, tanto stressata, piange sempre, se non piange, parla con gli elettrodomestici, come se cercasse di farsi aiutare da loro. Ma è con il navigatore il vero problema, pensa sempre che le suggerisca male, che la strada che prenderebbe lei sarebbe sicuramente migliore e glielo vuole far vedere. Inizia a fare di testa sua e finiamo per perderci o imbottigliate nel traffico. Quando il navigatore le ricorda di svoltare, lei gli parla sopra, lo beffeggia, gli dice “Ma senti ꞌsto rompicoglioni” o “ꞌSto infame pensa di saperne più di me, ma no, non un’altra volta, ora ti sfanculo”, io non ci posso fare niente, in macchina arriviamo tardi dappertutto. Mia mamma prende le medicine della buonanotte, le prende da quando papà non vive più con noi, forse sono quelle, non è colpa mia, veramente, − concluse lo sfogo Camilla con le guance rigate da lacrime silenziose.
Si sentirono diversi borbottii. La Giannotti li fece cessare con un gesto repentino della mano. Guardò le lacrime dell’alunna poi ributtò lo sguardo sul registro e iniziò a scrivere. Non la fece felice, ma si gratificò con se stessa per la fedeltà perpetuata nella sua filosofia: le istituzioni non scendono mai a compromessi.
Diede il registro in mano a Camilla e le disse di tornare con la nota firmata dal preside.
Nello scuolabus, di ritorno a casa, Camilla pianse lacrime che, secondo lei, non avrebbe dovuto piangere.
Quando rientrò, osservò sua mamma, in cucina, domandare al frigo dove avesse nascosto la bresaola. Senza dire nulla, con il sapore acre degli incompresi in gola, si rintanò nella sua cameretta. Sul letto, tirò fuori dallo zaino il diario, lo aprì e contemplò la copia della nota che doveva riportare firmata da un genitore il giorno dopo. La rilesse più volte, poi si perse nel seguire i singhiozzi di luce della lampada sul comodino, fino a addormentarsi. Si svegliò per cena, chiamata da sua madre.
La mattina seguente, la mamma di Camilla, dopo essersi congratulata con la lavatrice per l’ottimo lavoro svolto, insistette, con un sorriso incoraggiante, per accompagnare di nuovo la figlia a scuola.
Camilla, senza dire nulla, salì in macchina.
Al primo incrocio, il navigatore suggerì di svoltare a destra.
Camilla, con lo sguardo rivolto fuori dal finestrino, disse: − Non lo ascoltare, mamma. Vai dritto. Non facciamoci fregare.
Luca Giommoni