Tessere nell’ombra, i racconti di Ornella Esposito
I racconti che compongono Aghi, l’esordio narrativo di Ornella Esposito per Augh! Edizioni, sono il risultato di dieci anni di scrittura e della metabolizzazione, in questo tempo, delle esperienze dell’autrice nel mondo del sociale e delle trasformazioni subite dalla città di Napoli. Il filo conduttore del libro, infatti, è dato da personaggi che vivono ai margini, nelle zone d’ombra del vivere sociale, e il loro tentativo di riscatto.
La città
Un ruolo fondamentale in questo volume lo ricopre la città di Napoli, presentata – quasi con un sorriso a mezza bocca – nella sua forma oleografica, la più nota, da cartolina. La città del sole, del chiacchiericcio nelle strade affollate, del cibo, delle tradizioni e dei colori accesi. Eppure a questa prima occhiata confortante, che al lettore partenopeo potrebbe apparire come un calderone di luoghi comuni, ancora più forte si accosta l’immagine di una Napoli nascosta, di una città fatta di pertugi e angoli dove non batte il sole. Un immaginario composto di vite deboli che si muovono nell’ombra. Un antro oscuro dove violenza, superstizione, ignoranza e malavita fanno da padrone.
Aghi
Le vite messe in scena dalla Esposito sono segnate da profonda fragilità. E così nell’ombra si muove donna Carmela, che con i suoi aghi – come moderna Penelope – tesse per gli abitanti del quartiere che ancora chiedono i suoi servigi da sarta in pensione e sotto sotto temono che dal buio della sua casa lanci fatture sui vicini; o il femmeniello che ogni notte, per svolgere lo stesso lavoro della Maddalena, cambia nome coi clienti e spera un giorno di poter lasciare il marciapiede; o di quel gruppo di ragazzini costretti a diventare adulti tra le macerie del terremoto; o, ancora, quei giovani che arrivano a Nisida a causa di rapine organizzate per fare soldi e per comprare regali alle proprie ‘femmine’, ché a chiamarle donne proprio non riescono.
Aghi, come dice l’autrice nel titolo, sono questi personaggi il cui destino dovrebbe essere nel ricucire e non nel pungere, o addirittura pungersi, costantemente con le insidie della vita.
«È vero che da me vengono tante persone, ma non per i motivi che credi. Io ricucio le cose antiche, metto insieme il passato. Molte persone mi portano abiti appartenuti a epoche passate della loro vita, che non hanno più voluto indossare e il tempo li ha disfatti. Sono abiti legati sempre a periodi felici interrotti bruscamente. Vengono da me per chiedermi di rimettere a posto quei vestiti, ricucirli, perché solo io ho il tempo e l’amore necessario per poterlo fare. In realtà mi chiedono di ricucire il loro passato, il dolore legato a quell’abito, il tempo felice che si è trasformato in disgrazia. Io le faccio accomodare, chiedo di raccontarmi la loro vita e il motivo che le ha portate da me. In questo modo, riesco a capire il significato di una ricucitura e a scegliere i colori più adatti. Mi immedesimo nella loro vita e sento il loro dolore, solo così riesco a ridare la giusta forma a un abito. Non lo ricreo identico a com’era, questo no, non sarebbe possibile ricostruire il passato: il mio mestiere è invece dargli un nuovo significato. Gli aghi che vedi non servono per pungere, ma per ricucire».
Ricucire storie
Donna Carmela cuce rintanata in casa per riparare vite e la sensazione, leggendo Aghi, è che alla stessa maniera si muova la penna di Ornella Esposito. Cioè, come ago che affonda nelle ombre della città e prova, in risalita, a portare luce. Cioè, ancora, a ridare colore a chi sembra sconfitto dalla vita e invece – con energia, caparbietà, forza e dolore – le resiste.
Antonio Esposito