Stranger Things: perché i nemici sono proprio i russi
Non più solo Hawkins: come preannunciava il finale della scorsa stagione, in Stranger Things 4 i nostri eroi di Netflix preferiti vivono ormai in posti diversi. La maggior parte del gruppo è rimasto nella cittadina dell’Indiana, ma Joyce, Will, Jonathan e Undici si sono trasferiti in California, mentre qualcun altro invece è relegato nelle fredde pianure del Kamchatka. Perché proprio la penisola del Kamchatka, una delle terre più inospitali del pianeta? Se ricordate come si era conclusa la terza stagione, dovreste già avere la risposta. A chi apparteneva la base segreta situata sotto il centro commerciale? Esatto, i sovietici. Se non lo avessimo già visto tre anni fa, la decisione di connotare la fazione nemica di nazionalità russa sembrerebbe stranamente sospetta in questo momento storico. Quella degli eroi americani in lotta contro i cattivoni sovietici sembra una strana coincidenza, no? In effetti, lo è, perché non ha nulla a che fare col conflitto in corso in Ucraina. Da un altro punto di vista, però, la scelta è tutt’altro che casuale.
Gli anni Ottanta: un serbatoio di ispirazione
Fin dal suo ingresso nelle nostre vite, Stranger Things ci ha deliziato con omaggi a quel decennio interminabile che sono stati gli anni Ottanta. C’è chi, nella scomparsa di Will con cui tutto ebbe inizio, ha visto il fantasma di It e del suo temibile Pennywise, e negli adolescenti protagonisti, invece, le propaggini di quegli stessi personaggi del romanzo (peraltro una sola ragazza in un gruppo tutto di ragazzi). Qualcun altro, in quella stessa combriccola, vi scorgerà l’immagine di quella di Stand by Me – Ricordo di un’estate (ma i riferimenti a Stephen King si sprecano), e qualcun altro ancora della banda de I Goonies. E poi, vieni avanti Steven Spielberg, benvenuto John Carpenter: Stranger Things pullula da cima a fondo di richiami all’estetica horror e fantasy degli anni Ottanta e ai suoi film di culto (per esempio La casa, in originale The Evil Dead, di cui si riconosce una locandina). La quarta stagione non fa eccezione: d’altronde, siamo nel 1986, e quale modo migliore di servirsi di pubblicità e poster del periodo per riportarci indietro nel tempo?
Non ci sono, però, soltanto Dungeons & Dragons e le discussioni sulle poppe di Phoebe Cates in Fuori di testa (non prendetela a male: è una citazione anche la nostra). In quegli anni accadeva pure qualcos’altro, che non ha nulla a che vedere coi giochi da tavolo e coi film di paura, ma che avrebbe segnato la nostra storia in maniera ancora più profonda. Stiamo parlando della guerra fredda.
Le relazioni tra URSS e USA negli anni ’80
Iniziata alla fine degli anni Quaranta, la guerra fredda conobbe due fasi più acute: una agli inizi degli anni Sessanta, e un’altra coincidente con la prima metà degli anni Ottanta. Ci troviamo perfettamente col periodo in cui si collocano le vicende di Stranger Things. Le tensioni tra Stati Uniti e Unione Sovietica si espletavano in prese di posizione a favore di schieramenti contrapposti nella guerra civile in Afghanistan e nelle tensioni politiche in Polonia. L’allora presidente americano Ronald Reagan, in carica per quasi tutto il decennio in questione, pose la lotta al comunismo tra gli obiettivi fondanti della propria campagna politica. Gli Stati Uniti investivano energie e denaro per rafforzare il proprio apparato militare e sostenere i nemici dei russi in ogni dove. A giudicare dalle posizioni attuali delle due potenze mondiali, sembrerebbe che la guerra fredda non sia mai realmente finita.
L’Unione Sovietica e il comunismo sono stati per tutto il secolo scorso lo spauracchio dell’opinione pubblica americana, chissà quanto coscientemente impaurita dalla minaccia di un’invasione. Nel 2001 si mise di mezzo l’attentato terrorista alle Torri Gemelle, che per quasi vent’anni trasformò il mondo islamico nel nemico per eccellenza del blocco occidentale, facendoci dimenticare per un po’ dell’URSS, nel frattempo dissoltasi in mille pezzi. Di conseguenza, il cinema proiettò le paure e le paranoie collettive in un arsenale di titoli che altrimenti, probabilmente, non sarebbero mai esistiti: pensate a film come Munich e Zero Dark Thirty e serie tv come Homeland. Ma prima d’allora – e subito dopo la Germania nazista – sono stati i russi i cattivi per eccellenza sul grande schermo.
I grandi nemici dell’America al cinema
Ricordate di che nazionalità era il famigerato Ivan Drago di Rocky IV? E da dove venivano i caccia che affrontano Maverick e gli altri eroi di Top Gun? La risposta è sempre la stessa. I due film uscirono rispettivamente nel 1985 e 1986, lo stesso periodo di crisi dei rapporti tra USA e URSS e, ancora una volta, lo stesso in cui si trovano i nostri amici di Hawkins. Il non plus ultra della propaganda antisovietica di quegli anni è forse Alba rossa, il film dell’84 in cui gli Stati Uniti sono vittima di una fantasiosa invasione militare. Qualcosa di simile accadeva già nel cinema di fantascienza anni Cinquanta – uno su tutti, L’invasione degli ultracorpi – in cui la minaccia proveniente dallo spazio ricorda da vicino la politica americana anticomunista e la sua logica secondo la quale il nemico è dappertutto e si confonde tra di noi. Non vi sembra di ricordare i pericolosi russi nascosti nel sottosuolo dello Starcourt Mall?
Difatti, se la serie dei fratelli Duffer attinge a piene mani dall’immaginario, dalle trame e dall’estetica cinematografica degli anni Ottanta, lo fa attraverso una duplice modalità di citazione: da una parte c’è la menzione diretta, con la ripresa di battute, l’esibizione di materiali dell’epoca e il calco di situazioni famose; dall’altra c’è la citazione trasversale, per cui ricorre ad atmosfere e ideologie che permeavano il cinema di genere in quegli anni, compresa la costruzione russofobica dell’antagonista.
È quel che accade quando rimesti nel bacino culturale di riferimento – per esempio, giocando col personaggio di Victor Creel interpretato da Robert Englund per rimandare alla saga di Nightmare in modi più e meno espliciti – solo che in questa precisa circostanza la storia culturale s’interseca con quella politica. Dunque, non è un caso che Hopper sia ridotto in prigionia proprio in una base segreta sovietica, poiché questo filone narrativo in Stranger Things si ricollega al tempo in cui a Hollywood pareva che i cattivi dovessero venire per forza da Mosca. Perciò, se decidi di ambientare la tua storia negli Stati Uniti degli anni Ottanta e di metterci dentro un qualche avversario proveniente da fuori, è inevitabile che la scelta ricada su coloro di cui l’America aveva più paura: i russi.
Andrea Vitale