Quattordici libri in siberia
Ogni tanto anche noi di Grado Zero ci ricordiamo di abbassare un po’ il livello di serietà. Oggi sembra un buon momento per farlo, per rispondere a una sorta di catena a cui siamo stati legati a doppia mandata dai nostri amici di Legenda Letteraria, un progetto molto simile al nostro nella sua concezione fondante, ma sviluppato con strumenti, idee e personalità totalmente diversi. Quindi, anche se un po’ li odiamo per averci costretti a questa riunione siberiana, voi andate comunque a vedere cosa fanno.
La sfida a cui siamo stati sottoposti riguarda l’immaginare di partire per una cabane in Siberia (o, come piace chiamarla in redazione, una baita). Potremmo portare con noi, in totale, dieci libri. Ma noi imbrogliamo un po’: siamo quattordici e portiamo un libro a testa. Nella baita, da qualche parte, troveremo spazio.
- I Racconti, di Hanif Kureishi. (Maurizio Vicedomini)
Fra le tante raccolte di racconti, credo che porterei questa. Kureishi è figlio di due culture, europea e mediorientale, scrive racconti alla maniera degli americani, i suoi personaggi sono universali nelle loro particolarità. Un modo come un altro per ricordarsi – anche in una baita sperduta fra i ghiacci – che facciamo ancora parte del mondo. - Torah. (Lorenzo di Paola)
La Torah in ebraico. Nella baita siberiana mah. Ci sono le baite in Siberia? Comunque almeno imparo l’ebraico. - Dieci Piccoli Indiani, di Agatha Christie. (Fabio Romano)
Perché se proprio devo rimanere da solo in baita, senza connessione, telefono e tv, preferisco avere qualche buona idea su come continuare a campare in caso di… incidenti di percorso. - Versi, di Contessa Lara. (Roberta Attanasio)
Scelgo le poesie amorose di Contessa Lara, che a un tempo descrivono il carattere sensuoso e amorevole dell’animo innamorato di una donna. - Anna Karenina, di Lev Tolstoj. (Nike Francesca del Quercio)
Perché è il mio libro della vita. - Canti, di Giacomo Leopardi. (Salvatore di Marzo)
Rappresenta la progressione del pensiero di un uomo ancor prima che di un grande poeta, un pensiero tra tradizione poetica italiana e gusto personalissimo e innovativo, una visione dell’uomo e del mondo, un sentire umano molteplice fatto di malinconia e forza, delusione e rinascita. - Finzioni, di Jorge Luis Borges. (Antonio Esposito)
Perché nella solitudine preferisco il sostegno del suo immaginario virtuale. Si tratta di un libro dalle mille facce, sempre in fieri; come se ogni volta si riscrivesse da capo. Con Borges nella baita saremo in due, o forse in mille. - Gli amori difficili, di Italo Calvino. (Anna Giordano)
Per ridere quando ho voglia di piangere e piangere quando ho voglia di ridere. - La bambina che amava Tom Gordon, di Stephen King. (Antonio Lanzetta)
Perché parla di perdersi in un bosco, di cose che ti inseguono, e voglio averlo lì a portata di mano, giusto per ricordarmi che è meglio tenere il mio culo al caldo nella baita. - L’Idiota, di Fedor Dostoevskij. (Beatrice Morra)
Per poterlo leggere più che posso, e solo così comprenderlo come meriterebbe; e per non dimenticare mai il vero significato della bellezza. - La coscienza di Zeno, di Italo Svevo. (Angelo Panico)
Quel “simpatico” “vecchietto” di Zeno mi ricorda la condizione di giovane, non più giovane, mai stato giovane che da sempre attraversa la mia esistenza. Un libro diversamente sereno che, con alcuni degli scenari apocalittici della letteratura italiana, seppur apocalissi dell’interiorità, più belli di sempre, ricorda le passioni un po’ deviate dell’essere umano. - Guerra e Pace, di Lev Tolstoj. (Guido Scaravilli)
Perché è un libro immenso che instaura un rapporto viscerale con il suo lettore, un libro che non si vorrebbe mai finire di leggere e, poi, voler sempre ricominciare a farlo. Inoltre, dopo la lettura di alcuni passi, guardare il cielo siberiano, più che suggestivo, diverrebbe un’autentica esperienza metafisica. - Guida galattica per autostoppisti, di Douglas Adams. (Anna Chiara Stellato)
Perché se devo essere sola meglio ridere in compagnia, magari ponendosi qualche domanda di quelle considerate “importanti”: siamo così sicuri di essere noi al centro e tutte le altre specie intorno? Ma poi come non portare con sé un bestseller che parla di un bestseller, con una mitica scritta don’t panic sulla copertina. Messaggio più rassicurante non è possibile. - Il buio oltre la siepe, di Harper Lee. (Andrea Vitale)
Oltre a essere una di quelle letture che scivolano via con estrema piacevolezza, è un romanzo che sa come portare il lettore a ragionare su argomenti che, purtroppo, non passano mai di moda. E quando si arriva alla fine, vuoi per quel filo di humour o per la narrazione dal punto di vista di una bambina, ci si trova cambiati senza che si sappia come e quando sia avvenuto.
Facendo finta di aver rispettato le regole del gioco, ci atteniamo anche all’ultima, ovvero di segnalare la cosa a qualcun altro. Ci limiteremo a farlo presente agli amici della Rivista Fralerighe. Gente seria quella, non come noi. Chissà. Intanto, l’invito lo spediamo. L’indirizzo siberiano, sulla cartolina, l’abbiamo scritto.
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