Grace Paley, storie immobili di un mondo che ci sfugge

La narrativa breve americana degli ultimi cinquant’anni si popola di grandi firme indelebili, da Raymond Carver, zelante e malinconico ritrattista delle realtà di provincia, a David Foster Wallace, vittima nauseata e polemica del mondo moderno. In questo universo di voci maschili, Grace Paley fa il suo debutto come scrittrice di racconti a trentacinque anni, ispirata da un giorno in cui era costretta a letto con la febbre. Non solo: l’autrice statunitense di origini ucraine è anche l’unica donna nella cerchia dei più illustri scrittori ebrei di lingua inglese; è lodata, inoltre, dai due portavoce di questo particolare gruppo letterario: Philip Roth e Saul Bellow.

Grace Paley si fa strada fra i suoi colleghi con una produzione esigua – soli quarantacinque racconti in quarant’anni -, ma fa in modo che la sua voce sia ben chiara e forte. Le sue storie si sviluppano in un tempo immobile nel frenetico circuito del mondo, e la raccolta di racconti Più tardi nel pomeriggio può essere letta come un’unica grande storia: la narrazione di un’attesa, di un rimando a un tempo che verrà.

La sensazione di staticità, di una quiete prima della tempesta, è costruita in modo sottile e delicato. I diciassette racconti si susseguono in un ritmo lento, pacato, come una lunga narrazione con brevi intervalli. I personaggi, infatti, sono sempre gli stessi, sono solo i punti di vista a mescolarsi. Le loro storie nascono per strada, dove Grace Paley adora ascoltarle. L’ascolto è, secondo la scrittrice statunitense, una responsabilità dello scrittore e per farlo occorre tendere un orecchio alla lingua della poesia e della letteratura e un altro alle voci della casa, della strada, del quartiere. Per questo le sue storie si scrivono in due momenti: il primo in cui ascolta la voce della letteratura passata, e il secondo, in cui l’innovazione si fa spazio e la pagina si popola di storie di vita vera, che Grace Paley offre al lettore nella veste originalissima del suo stile.

Il vero protagonista di questi racconti, però, è uno solo e non ha un nome; Faith, Ann, Susan, Ruth, Selena, sono le molteplici sfaccettature di un unico personaggio: la donna, protagonista indiscussa non soltanto delle storie, ma della Storia. Tutti questi personaggi femminili incarnano l’attivismo politico americano, o piuttosto, il ricordo di quell’attivismo, pregno di tutta la forza dell’ideale femminista. Le rimembranze, le attese, i racconti, tutto è intrappolato in un complicato sistema d’intrecci e mélanges, che rende la scrittura di Grace Paley unica nel suo genere.

Più tardi nel pomeriggio non è soltanto l’esclamazione entusiastica di un’ex attivista politica che ricorda con fervore gli anni infiammati del comunismo tra i giovani americani della generazione appena scomparsa, ma è anche l’ossessione malinconica di una madre che cerca di rimettere insieme le briciole dei propri errori come genitore.

Primo mélange: la liricità della lotta politica e degli ideali femministi mescolati alla prosaicità della vita medio borghese di una madre qualunque, di quelle che hanno già pronunciato troppe volte le parole “spariti” e “dove” cercando i propri figli, o che hanno già pregustato il terrore della parola “terribile”, immaginando dove potessero essersi cacciati. La fusione è completa, e anche da un punto di vista stilistico versi e prosa si amalgamano in una sinfonia carica di significato. La poesia conduce il lettore verso gli angoli incontaminati della mente; così la prosaicità del cavolo sul bancone del fruttivendolo, diventa oggetto poetico, rimembranza di un tempo e di un luogo lontani.

Secondo mélange: Grace Paley nasce a New York, ma le origini ucraine e la cultura yiddish dei suoi genitori contribuiscono a dare alla sua voce una forza e una melodia singolari. Le sue pagine riecheggiano sia delle note polemiche ma armoniose della narrativa americana degli ultimi cinquant’anni, sia dell’asciuttezza e del rigore della letteratura russa. Oriente e occidente sono estremamente vicini nelle pagine di Più tardi nel pomeriggio, fin quasi a toccarsi. Tutto l’oriente comunista, soprattutto quello cinese di Mao Zedong, invade inesorabilmente le pagine di storie di vita americane. Sinologi, viaggiatori e sognatori guardano continuamente al lontano oriente e si lasciano ispirare, lasciano che diventi parte integrante delle loro lunghe disquisizioni politiche e artistiche.

Tutti i personaggi di Grace Paley si interrogano, attaccano le idee altrui e difendono le proprie, nell’atmosfera immobile di un tempo che non ci appartiene più, di un mondo che “si sta ritraendo da noi in velenoso disgusto”. Nessuna di queste discussioni si conclude realmente; ogni parola è offerta come un succulento assaggio, in modo che il lettore desideri ardentemente l’intera pietanza. L’ultima portata non viene mai servita; si immagina che arrivi più tardi nel pomeriggio, e nel frattempo è inevitabile domandarsi: che sapore avrà?

 

Anna Fusari

Fa tante cose diverse, ma principalmente le piace leggere libri e dire la sua. Ha studiato Lettere Moderne a Napoli e Filologia Moderna tra Padova e Grenoble; ha lavorato in Francia come insegnante di Italiano e come responsabile della comunicazione in un’associazione culturale. Ha fatto un Master in Editoria alla Sapienza e uno stage al Battello a Vapore. Continua a collaborare con alcune case editrici italiane specializzate in letteratura per infanzia e ragazzi (Giunti e Gribaudo) e fa altri lavori che in parte la rispecchiano e in parte no, ma le permettono di fare quello che le pare nel resto del tempo.

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