Stephen Hawking e le vele spaziali
La curiosità e lo spirito d’avventura hanno spesso consentito di raggiungere nuovi traguardi. In particolare, di storie riguardo al librarsi in aria come uccelli la bibliografia è piena: partendo da Icaro con le sue ali di cera, passando per il proiettile del “Columbiad” con cui Jules Verne spedì l’uomo verso la Luna in Dalla Terra alla Luna, fino ad arrivare a elementi di storia vera e recente come i Fratelli Wright con il loro primo volo; Yuri Gagarin, primo uomo a volare nello spazio, Neil Armstrong e il suo “Grande passo per l’umanità” nel 1969. Le sfide sono diventate abbastanza ambiziose e anche raggiungere Marte, impresa considerata un tempo impossibile, è qualcosa di ormai superato pensando che il suolo del pianeta rosso è stato solcato da diversi artefatti umani. A una distanza da noi relativamente immensa troviamo la sonda Voyager, spedita nel 1977 verso i confini del sistema solare. Tale distanza, però, è molto piccola se prendiamo come metro galattico “l’anno luce”: la Voyager, in quasi 40 anni, avrebbe percorso molto meno di un anno luce. Questo è dovuto appunto ai mezzi di propulsione a disposizione che, seppure portati a un livello ingegneristico estremo, attualmente non consentirebbero di avvicinarsi neanche lontanamente alla velocità della luce, pari a trecentomila chilometri al secondo. A questo punto è intervenuto uno dei più grandi geni: Stephen Hawking. Egli ha proposto un’idea a dir poco fantascientifica:
Migliaia di astronavi piccole come un francobollo che, rilasciate da un’astronave madre, aprirebbero delle “vele”(un po’ come una comunissima barchetta) e tali vele sarebbero “gonfiate” tramite un insieme di… laser. Le microastronavi, in realtà, sarebbero sonde popolate di sensori, oggetti capaci di captare dall’ambiente circostante la maggiore quantità di informazioni possibile; sarebbero costruite in materiale ultraleggero e potrebbero raggiungere velocità pari al 20% della luce, ossia ben sessantamila chilometri AL SECONDO (già, nello spazio non ci sono autovelox). Il nome del progetto è “Starshot Breakthrough”. Tale progetto, nella fase iniziale, è stato finanziato dal filantropo e miliardario russo Yuri Miller e allo stesso tavolo ha deciso di sedersi, successivamente, Mark Zuckerberg. Viaggi spaziali che prevedevano il raggiungimento di stelle “vicine”(oltre al Sole, naturalmente) del sistema “Alpha Centauri”, avrebbero richiesto almeno trentamila anni per essere portati a compimento. Ora, nell’arco di una vita umana, in soli venti anni(un’inezia, a confronto), potremmo osservare cosa succede nelle stelle vicine di sistema.
Tantissimi sono gli interrogativi aperti e ovviamente, un’impresa del genere non è esattamente una passeggiata. Si è deciso, ad esempio, di spedire un’intera “flotta” di microastronavi per il numero di insidie che un simile viaggio potrebbe nascondere (guasti, asteroidi o imprevisti qualsiasi): si punta quindi, oltre che sulla qualità, anche sulla quantità. Per generare il vento laser, saranno necessari circa 100 Gigawatt: l’equivalente della potenza sprigionata da quasi un centinaio di centrali atomiche. L’umidità gioca poi un ruolo rilevante, in quanto potrebbe inficiare sulla reale potenza scaricata sulle vele: per questo motivo, questo complessissimo sistema andrebbe costruito in un luogo molto alto e asciutto. Per chi ha visto film come Interstellar, dalla geniale penna dei fratelli Nolan, il viaggio spaziale diventa molto più che affascinante, qualcosa che, seppur non cambi la vita a chi ogni giorno si occupa di impegni abitudinari, diventa motivo di felicità e di curiosità… per questo motivo, per sapere se da qualche altra parte nell’universo c’è un essere che contempla romanticamente il mare del suo pianeta un po’ come noi, non ci resta che sognare.
Fabio Romano