Come i siti consigliano e indovinano quel che potrebbe interessarti: i Recommender System
Al giorno d’oggi, chiunque abbia cercato un articolo su Internet oppure effettuato un acquisto online ha quasi sicuramente avuto a che fare, inconsapevolmente, con un Recommender System. A tutti, infatti, sarà capitato di ricevere un consiglio da parte del sito in cui si naviga; consiglio riguardante articoli, utenti da seguire o prodotti che potrebbero interessare. Tale sistema è esistente in tantissimi siti ma risulta praticamente “trasparente”, in quanto quasi nessuno si sofferma a pensare a come esso funzioni e forse risulterà strano leggere come esso costituisca un argomento di studio complesso e porti addirittura un nome preciso. Esempi di recommender system possono essere trovati in siti come Amazon, Twitter, Facebook, IBS, Spotify. Ogni sito ne personalizza il funzionamento e i dettagli di quest’ultimo rappresentano spesso dei segreti impenetrabili; tuttavia, gli approcci dei recommender system possono essere racchiusi in poche categorie di base:
– Modalità Collaborative Filtering, dove viene collezionata una enorme mole di dati riguardante gli utenti, come le loro attività, il loro comportamento, le loro preferenze. Immaginate di aver acquistato una lampada da scrivania: se un utente, prima di voi, avrà acquistato lo stesso oggetto insieme ad uno scaffale libreria, il sistema potrebbe proporvi quest’ultimo, ritenendovi probabilmente di gusti simili;
– Modalità Content-based Filtering, dove i consigli vengono offerti sulla base delle caratteristiche che avevano gli oggetti scelti dall’utente in passato e dalle indicazioni date sui suoi interessi nel suo “profilo”;
– Modalità Ibrida, in cui vi è una combinazione delle modalità di funzionamento precedenti.
Non basta però consigliare un oggetto in base a questi semplici criteri per rendere un’esperienza di utilizzo davvero soddisfacente: ci sono diverse caratteristiche che ci aspetteremmo da un consiglio “umano”, che devono essere riportate in forma informatizzata. Il sistema, infatti, deve garantire privacy dei dati degli utenti, robustezza riguardo a recensioni inserite malevolmente per “affossare” le vendite di un negozio concorrente, affidabilità dei consigli e, cosa che sembra non dispiacere affatto, la cosiddetta “serendipity”. Serendipity, tradotta in forma di neologismo come “serendipità”, significa trovare per puro caso qualcosa che ci renda felici: un sistema con una caratteristica del genere sorprenderà l’utente, con consigli reputati belli e inattesi.
Un recommender system porta con sé diverse problematiche e rischi. Si potrebbe parlare, ad esempio, del problema della “Cold Start”(ossia “Partenza a freddo”), dove al primo accesso di un utente al sito, non avendo a disposizione alcun dato sulle sue preferenze, si devono azzardare dei consigli che non lo infastidiscano; oppure del problema della “balcanizzazione”, dove utenti con gusti simili vengono sempre più raggruppati fino a non riuscire più ad avere un consiglio diverso da qualcosa che già conoscano. Riguardo l’affidabilità, uno dei rischi maggiori per un sito viene da un consiglio sbagliato e dai costi che esso comporta: se Youtube ci consigliasse di ascoltare una canzone che non ci piace, ciò impiegherebbe solo due minuti del nostro tempo; ma se un sito di viaggi ci consigliasse una meta molto costosa, descrivendola come fenomenale, ma tale meta fosse in realtà fatiscente, ciò ci infastidirebbe parecchio, in quanto avremmo speso molti soldi e tempo e quasi sicuramente non useremmo più quel sito…a meno che non volessimo regalare un viaggio a qualcuno che ci stia molto antipatico!
I recommender system sono sicuramente un valido ausilio quando si cerca qualcosa di interessante, ma bisogna tenere sempre in mente che raccogliere informazioni su un oggetto da più parti prima di effettuare un acquisto online non è mai sbagliato; inoltre, bisogna sempre tenere d’occhio le recensioni, che, a proposito, costituiscono un’altra delle strade percorse da un recommender system.
Fabio Romano
A proposito delle recensioni, mi è capitato di partecipare ad una conversazione in cui un mio coetaneo si lamentava del fatto che avesse scelto un articolo tra i “consigli per gli acquisti” di un noto sito di aste ma che, alla fine, il prodotto non gli fosse mai arrivato. Ed incolpava più suddetto sito per aver consigliato il prodotto di un venditore fraudolento che se stesso per non aver saputo interpretare quella miriade di feedback negativi…
Ciao Apheniti,
in effetti raccomandare un prodotto quando c’è una notevole mole di feedback negativi si potrebbe considerare a tutti gli effetti un fallimento del recommender system. Infatti, proprio da quanto scrivi, il tuo conoscente ha incolpato il sito e probabilmente non acquisterà più su quel sito di aste! Riguardo all’errata(o mancata) interpretazione dei feedback, c’è una branca dell’informatica che sostiene come i software debbano essere creati seguendo la filosofia “human centered”: essa ritiene che una sbagliata interpretazione di un comando da parte dell’utente non sia una colpa riguardante quest’ultimo, ma derivi da una errata progettazione delle interfacce da parte degli sviluppatori. In effetti, se consideriamo un ultrasettantenne oppure un utente al primo acquisto online, essi potrebbero non sapere cosa voglia dire la parola “feedback” e quindi tralasciare totalmente quest’aspetto…dopotutto, l’informatica è cosa recente e ormai siamo pieni di neologismi!