Il «caso» e la riscoperta di Bracco
La letteratura, lo sappiamo bene, è fatta di vincitori e dimenticati. Anche autori di un certo calibro, magari apprezzati in vita, possono finire nell’oblio. Le ragioni possono essere le più diverse. Nel caso di Roberto Bracco, drammaturgo e novelliere napoletano di fama internazionale, la questione è abbastanza complessa.
Di questo si occupa il saggio di Francesco Soverina, Il «caso Bracco», che fa da apripista a un progetto della Alessandro Polidoro Editore sulla riscoperta di questo autore partenopeo. Il progetto prevederà la pubblicazione dell’opera di Bracco e il recupero quindi della sua memoria. Così i curatori del progetto, Adriano Corbi e Antonio Esposito:
Il progetto Bracco è nato dal confronto redazionale. Qualche mese fa sulla nostra scrivania è arrivato Il «caso Bracco» di Francesco Soverina. L’abbiamo letto e ci siamo resi conto che Napoli, tra le sue storie, ne aveva una ancora non raccontata; o almeno da recuperare. Quello che doveva essere un semplice libro è diventato il pretesto per avviare un discorso intorno a un autore volutamente dimenticato dalla storia della letteratura.
Alla pubblicazione del saggio, si è deciso quindi, di far seguire il recupero delle opere bracchiane, quelle teatrali e le prose, e corredarle di nuove prefazioni e di originali grafiche.
Il progetto risulta di grande importanza ancor più in un ambiente, quello dell’editoria napoletana, dove non riesce ad affermarsi un modello culturale. Una città che è fanalino di coda, considerate le sue dimensioni e la sua storia, dal punto di vista del fervore culturale nel mondo del libro. Basti guardare a città come Roma e Torino per rendersene conto. Abbiamo discusso della situazione con Corbi ed Esposito.
Napoli in questo momento non presenta importanti progetti culturali. Sono delle ultime settimane polemiche che denunciano la mancanza d’investimenti nel settore, e la mancata presenza di editori napoletani nelle dinamiche nazionali. Sono poche le librerie indipendenti e molto spesso sembra che i nostri prodotti librari non possano superare i confini del basso Lazio. Fare editoria dalle nostre parti significa farlo entro una prospettiva limitata e provare a proporre libri di qualità è un atto di coraggio. Crediamo che guardare al passato sia la maniera ideale per riconoscere e delineare quell’identità, che nell’evolversi di un progetto sano, possa esprimere il fervore di una grande città come la nostra. La riscoperta di Bracco è per noi il miglior modo per riconoscerci nei lettori della nostra città, perché, anche se guardiamo al nazionale, sappiamo che il vero valore di una casa editrice è dato dai rapporti che ha coi luoghi che vive.
Per tornare al saggio di Soverina, ci si trova davanti a un libro che affronta – per forza di cose – anche l’aspetto puramente letterario, ma lo tiene a margine, focalizzando l’attenzione sulle questioni che vi orbitano intorno. Sono analizzate numerose fonti, attraverso le quali è possibile evidenziare come l’importanza e la fama di Bracco fossero riconosciuti in Italia e soprattutto all’estero, fino alla chiara opposizione antifascista del drammaturgo, che ha segnato la messa al bando da teatri, riviste e volumi italiani. All’estero, infatti, Bracco ha ricevuto molti più consensi che in patria, tanto che – fino all’avvento di Pirandello – è stato l’autore italiano più rappresentato fuori dai nostri confini, e il primo a essere stato portato in scena in lingua inglese a New York.
La censura fascista ha inoltre impedito a Bracco di correre per il Nobel nel 1926 (anno in cui è stato assegnato a Grazia Deledda, autrice – stando a quanto riporta l’autore – vista di buon occhio dal regime). Le carte dell’Accademia di Svezia riportano la propensione alla candidatura e una certa sicurezza di vittoria per Bracco.
Numerose critiche anti-bracchiane suggeriscono che il silenzio sull’opera di quest’autore sia dovuta a un inaridirsi della sua vena creativa. Ma furono numerose le critiche positive, da personalità come Benedetto Croce, Marinetti (pur fraintendendo la sua opera), e una giovane Anna Maria Ortese.
L’opera di Bracco mancava forse dell’innovazione portata da Pirandello, restando in uno stampo più classico, ma ha dato alla luce opere come Il piccolo santo (1910), il primo lavoro in Europa di “Teatro del silenzio”, che sarà lanciato da Bernard e Vildrac solo quindici anni più tardi.
Di grande interesse è anche I pazzi, l’ultimo controverso capolavoro di Bracco, la cui rappresentazione fu interrotta dagli squadristi. I pazzi rappresenta una summa delle tematiche care a Bracco, quasi dei suoi lavori precedenti. Sebbene una serie di tematiche siano state accostate (o, altrove, contrapposte, soprattutto per via della diversa idea politica) a Pirandello, Soverina mostra sostanziali differenze. Ne I pazzi, ad esempio, c’è certamente il motivo del confine labile fra realtà e finzione, ma si accosta ad altri che sono propri dei lavori precedenti di Bracco, e che ne costituiscono una sorta di firma. Ancora, il lavoro sul subconscio di Bracco non è rivolto al tema delle maschere, ma a un dramma che corrisponde all’urto fra due o più passioni.
Quello di Soverina è un agile libretto, ma argomentato in ogni suo punto. Un libro che fornisce la possibilità di rivalutare un «caso» e ragionare una volta di più su come successo e qualità di un’opera non sempre seguano binari paralleli.
Maurizio Vicedomini