“Inerti” di Barbara Giangravè, storie conosciute e ignorate
Gioia è stata licenziata da qualche giorno quando, con la sua Ford Fiesta grigio metallizzato colma di tutte le sue cose, si lascia alle spalle Palermo e si dirige ad Acremonte, un paesino arroccato nell’entroterra siciliano dove la sua famiglia, decimata da un susseguirsi di sventurati eventi vive, o piuttosto, stenta a sopravvivere.
Acremonte è circondata da montagne, l’agricoltura nei campi circostanti è florida, i ritmi di vita sono pacati, tutto sembra essere inserito nella cornice di un pacifico idillio in cui ritrovare la calma e ricominciare da capo. Ma questa ragazza alla soglia dei trent’anni non è alla ricerca della tranquillità, del bisogno di rinnovare la sua vita dopo l’improvviso licenziamento. Al contrario, Gioia è tornata per esorcizzare i suoi demoni, per affrontare i dolori nascosti per anni in qualche stanza del suo cuore che stenta a tenere aperta.
I suoi genitori, scomparsi in un misterioso incidente stradale, sono spariti dalla sua vita senza che la ragazza riuscisse a versare una lacrima per l’accaduto. Sua zia, a poca distanza dai suoi, è morta ammalandosi di un feroce cancro. Nella vecchia casa dei nonni, anche loro ormai scomparsi, Gioia rientra in possesso di tutti i suoi ricordi d’infanzia e della prima adolescenza, delle estati trascorse ad Acremonte e di quelle in cui è riuscita a sfuggire all’arretratezza sociale e morale del piccolo paesino per viaggiare e conoscere il mondo fuori dalla Sicilia.
Tornare ad Acremonte diventa per Gioia l’occasione per far luce sui troppi lati oscuri del suo passato, per affrontare le stanze chiuse del suo cuore, ma anche per scoprire nuovi ed inquietanti retroscena della tranquilla vita del paesino siciliano.
Durante una visita al cimitero, Gioia è incuriosita dalla sempre più frequente scomparsa di persone in giovane età. L’aria salubre di montagna e la ricca agricoltura del territorio che circonda Acremonte dovrebbero essere una garanzia di longevità, di benessere e di tranquillità, ma le date incise sulle lapidi sembrano voler dimostrare il contrario.
“Da dodici anni a questa parte, ci siamo ammalati in tanti. Il cancro non risparmia nessuno. Si ammalano persino i bambini. Hai scelto il posto peggiore in cui trasferirti. Se fossi in te, me ne andrai subito. Ah, dimenticavo: qui nessuno beve più l’acqua corrente, né la usa per cucinare.”
Ostinata e caparbia, Gioia decise di andare in fondo alla questione, scoprendo che l’apparente stile di vita sano di Acremonte nasconde sotto spessi strati di terreno la minaccia di tonnellate di rifiuti tossici scaricati illegalmente da grossi camion provenienti dai territori industrializzati della regione.
Le ricerche di Gioia si scontrano con l’omertà, la paura e l’atteggiamento ottuso degli abitanti di Acremonte, che sanno e accettano, che non possono fare altrimenti perché zittiti dalla paura, perché troppo assorbiti dalla preoccupazione per le malattie dei loro parenti per portare avanti una lotta. Gioia rincorre cifre nei registri delle asl, si mette a caccia di prove nei terreni contaminati, si espone, cerca sostegno da parte dell’amministrazione e tutto ciò solo per scoprire con quanta facilità queste cifre e queste prove vengano occultate da mani veloci e senza scrupoli.
La storia di Gioia, come quella della donna dalla cui mente è stato partorito il suo personaggio, è la storia di – per voler citare un altro siciliano – una, nessuna e centomila donne che si prodigano per la loro terra alla ricerca di elementi che possano avvalorare le loro tesi, di orecchie che le ascoltino e di mani che si tendano per aiutarle.
Barbara Giangravé (1982), autrice di Inerti (Autodafé 2016), libro in gara per ottenere il Premio Augusta, cuce il personaggio di Gioia sulla propria vita, le mette in mano le sue lotte, i suoi ideali e la sua sete di verità che da anni la spinge sempre più avanti nel suo impegno sociale e nella battaglia alla delinquenza organizzata.
Giornalista professionista dal 2006, Giangravé è stata insignita nel 2011 del titolo di Inspiring Woman of Italy, come riconoscimento per il suo attivismo e la sua determinazione. Questo libro, partorito dal bisogno di affidare alla carta il fervore di questa lotta e di questo impegno, si ispira a una vita reale condivisa da centinaia, migliaia di persone, vittime dei soprusi e della completa anarchia di cui godono spregiudicatamente le associazioni mafiose nel sud Italia.
Questo libro è dedicato “A me stessa, per aver vissuto gli ultimi quattro anni della mia vita come se fossero quaranta”, scrive Barbara Giangravé riferendosi agli anni del suo attivismo. La storia di Gioia è una storia che merita di essere letta e che, sebbene sia completamente avvolta dalla finzione romanzesca, racconta una verità fin troppo conosciuta e ancora oggi messa da parte e ottusamente accettata dai più.
Anna Fusari