Modelli che prendono vita: le stampanti 3D
Tra gli appassionati di tecnologia vi son sempre stati sostenitori della teoria per la quale “la fantasia di oggi sarà la realtà di domani”. Se consideriamo anche la fantasia dal punto di vista cinematografico, di quei gloriosi tempi fatti di teletrasporto e oggetti ricreati a distanza forse, con questa invenzione, si va(almeno idealmente) vicini a quell’idea. Fino a qualche tempo fa, infatti, sarebbe stato difficile per un cittadino comune riuscire a progettare qualcosa con il suo PC e vederlo ricreato in tre dimensioni davanti a lui: parliamo appunto di stampanti 3D.
Una stampante 3D si serve di progetti creati con software di modellazione 3D(es. Autocad, Blender, ai quali professionisti e magari anche appassionati di gaming saranno abituati) opportunamente convertiti e modificati per poter essere utilizzati per la stampa. Per render l’idea di cosa sia possibile fare, si può produrre un oggetto come un vaso, un mobiletto, un modellino di automobile, protesi e persino armi(più di uno si è cimentato nell’impresa).
Per la fase di stampa, viene solitamente utilizzato un processo che vien detto “Produzione Additiva” che consiste nell’unire fra loro dei materiali in strati sovrapposti.
Esempi di produzione additiva sono:
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modellazione a deposizione fusa(Fused Deposition Modeling), che si serve di un ugello riscaldato da cui il materiale fuso fuoriesce e vien modellato e manovrato tramite un computer;
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sinterizzazione, che si serve di polveri di materiali che vengono unite tramite un processo di riscaldamento.
Esistono anche altri tipi di stampa, per citarne alcuni: la stampa a estrusione di materiale, mediante la quale uno strato di polvere (ad esempio di gesso) viene stratificato con un legante, oppure la stampa digital light processing, dove una vasca riempita di un polimero liquido viene modellata tramite fasci luminosi.
Passando a un lato più pratico, gli utilizzi sono infiniti. Si pensi, infatti a quanto possa essere utile, in una missione spaziale, poter disporre di oggetti e pezzi di ricambio progettati sulla Terra per risolvere una problematica instaurautasi al momento: basterebbe questo per mostrare la reale portata di tale invenzione, ma non è tutto. La NASA (ente spaziale) sta valutando la possibilità di inviare, nel corso delle future missioni spaziali, stampanti capaci di ricreare moduli abitativi su altri pianeti sfruttando una tecnologia denominata Contour Crafting. Tale tecnologia prevede l’utilizzo di cemento anziché materiali plastici e, sebbene le dimensioni delle Stampanti Contour Crafting siano da considerare extralarge, sembra bastino solo due operai specializzati per manovrarla. Vi sono già esempi di abitazioni create tramite stampanti 3D Contour Crafting e non: un esperimento è stato fatto a Villa Asserbo, in Danimarca, usando fogli di compensato e una stampante dotata di trapano; in Cina, 10 abitazioni sono state create tramite Contour Crafting in 24 ore. Vi sono quindi svariate applicazioni che vanno dalla paleontologia alla prototipazione, dall’architettura all’intrattenimento. Le ricerche prevedono possibili sviluppi anche nel campo dell’ingegneria tissutale (quindi, organi e parti del corpo create da una stampante 3D).
Sebbene questa invenzione riuscirà a portare un briciolo di “industria” in casa propria, i prezzi, almeno per ora, non sono ancora così accessibili. Infatti, oltre ai kit fai da te che partono da poche centinaia di euro, si arriva a prezzi di diverse migliaia di euro: imprese e piccole aziende costituiscono dunque il target principale. Viste le potenzialità di una stampante 3D, viene quindi da farsi una domanda:
“Posso usare una stampante 3D per creare un’altra stampante 3D?”
La stessa domanda sembrano essersela posta i membri della community RepRap, dando risposta affermativa. La stampante RepRap è di tipo auto-replicante: seguendo la filosofia del free-software, chiunque la possegga può creare parti che, assemblate, daranno vita ad un’altra RepRap.
Fabio Romano