Netflix, Blockbuster, la pirateria e i contenuti on-demand

Netflix vs Blockbuster
Netflix vs Blockbuster

Uno dei fattori che ha cambiato radicalmente l’industria dei contenuti, nato con l’era di Internet, è sicuramente costituito dalla pirateria. Sebbene anche prima di Internet fosse abbastanza facile trovare in giro musicassette (sì, parliamo un po’ di paleontologia) piratate, con l’avvento dei vari Emule, WinMX, Torrent è iniziato un trend negativo per le vendite dei maggiori produttori di contenuti.

Concentrandosi per ora solamente sul capitolo film, qualcuno ricorderà sicuramente il caso del colosso Blockbuster. Per chi non la conoscesse, Blockbuster era una compagnia che concedeva film in affitto, presso i numerosi centri sparsi in giro per il mondo. Con l’arrivo della banda larga e l’aumento della pirateria, acquistare un film piratato su di una bancarella costava meno che affittarlo da Blockbuster: questa, insieme ad altre concause di cui parleremo fra poco, ha decretato il fallimento del gigante americano.

In parallelo con Blockbuster, dal 1997, procedeva un’altra compagnia, chiamata Netflix. Anche quest’ultima dedicava le sue forze al noleggio di film ma, dal 2008, ha spostato il campo di battaglia in un altro luogo: la rete. Con il senno di poi, la scelta è stata azzeccatissima: sul nascere fu vista come un’attività alternativa, ma oggigiorno, con oltre 90 milioni di abbonati, è diventata l’attività principale del colosso. C’erano tanti motivi per cui la pirateria poteva proliferare tranquillamente: basso costo, possibilità di trovare contenuti anche di buona qualità, rapida diffusione, nonché il fatto che si divenisse “proprietari” del dvd con il film, potendolo così guardare ogni volta che si

Il Logo Netflix
Il Logo Netflix

volesse. Servizi come Netflix(ce ne sono anche altri, ovviamente), oltre a proporre film presi dai big hollywoodiani e crearne di propri (Netflix propone diversi telefilm di sua creazione), hanno il vantaggio di offrire, a seconda dell’abbonamento mensile scelto, film in una qualità che spazia dall’HD al 4K, un catalogo vastissimo e la possibilità di usufruire dell’abbonamento, in contemporanea, su un numero di dispositivi che va da un minimo di uno a un massimo di quattro, con un prezzo intorno ai 10 euro mensili.

Essendo ormai in piena epoca digitale, tutti hanno “qualche GB” da spendere: il modello dei contenuti in streaming on-demand può interessare chiunque e sembra davvero vantaggioso in qualunque sia il campo. Chi, potendo vedere tutti i film che vuole in ottima qualità a un prezzo tutto sommato esiguo e onesto, opterebbe per un film registrato di soppiatto in un cinema, dove ogni tanto si vede la testa del tizio seduto nella fila precedente passare davanti alla telecamera? Per quale motivo si dovrebbe preferire, al giorno d’oggi, un mp3 compresso con un bassissimo bitrate alla musica in streaming, in altissima qualità, offerta nel piano telefonico dal proprio operatore, per pochissimi euro in più? Oltre a essere vantaggioso, è soprattutto legale.

Fabio Romano

 

 

Nato a Teano nel 1990 nel pieno della calura estiva (11 agosto), attualmente residente a Cellole. Sin da piccolo appassionato di informatica, dopo il conseguimento della maturità scientifica decide di frequentare il Corso di Laurea in Ingegneria Informatica presso l'Università degli Studi "Federico II" di Napoli. Chitarrista nel tempo libero, innamorato della musica in tutti i suoi generi, il suo lettore mp3 riporta una playlist che spazia dai Metallica a Debussy. Attualmente collaboratore di Grado Zero e autore di piccoli scritti autosomministrati.

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